Ranucci smentisce la teoria di Schlein: “Nessun mandante politico, origine criminale”
Un’esplosione nella notte ha sconvolto la tranquillità di Campo Ascolano, alle porte di Roma, colpendo direttamente la casa del giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. Poco dopo le 22, un ordigno artigianale è esploso davanti all’abitazione, causando danni a due automobili, tra cui quella di Ranucci e quella della figlia, ma fortunatamente senza feriti.
L’onda d’urto ha distrutto le vetture e ha lasciato i residenti sotto shock. Ranucci, ancora scosso, ha dichiarato: «Mia figlia era lì, poteva morire». Le indagini, condotte dal pm Carlo Villani della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si concentrano su due reati principali: danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e violazione della legge sulle armi. Gli artificieri hanno stimato che l’ordigno conteneva circa un chilo di polvere pirica compressa, con una potenza sufficiente a causare gravi conseguenze o addirittura la morte di chi si trovasse nelle vicinanze.
Un attentato studiato nei minimi dettagli
Testimoni hanno riferito di aver visto un uomo incappucciato poco prima dell’esplosione, mentre subito dopo un’auto si è allontanata a grande velocità. Gli inquirenti sospettano che chi ha agito conoscesse bene le abitudini del giornalista e abbia scelto un punto cieco, non coperto da telecamere di sorveglianza, per posizionare l’ordigno.
Una pista inquietante riguarda il trasferimento, poche ore prima dell’attentato, di un collaboratore di giustizia dalla stessa zona. Quest’ultimo aveva fornito a Ranucci informazioni su affari mafiosi e sul coinvolgimento della ’ndrangheta nel settore dell’energia eolica. Per gli investigatori, questa coincidenza potrebbe non essere casuale e suggerisce un collegamento tra le due vicende.
Le parole di Ranucci e le reazioni
In un momento di grande tensione, Ranucci ha voluto chiarire la sua posizione pubblicamente: «Non vedo scenari politici dietro questo gesto. Credo che l’origine sia criminale o legata a qualcuno che si serve della criminalità». La sua dichiarazione contrasta con le parole di Elly Schlein, che aveva attribuito l’attentato a un clima di odio alimentato dall’estrema destra. Ranucci, invece, ha definito l’episodio come un avvertimento tipico delle mafie locali, più che un attacco politico.
Gli inquirenti non escludono nessuna pista, ma ritengono più plausibile che si tratti di un’azione “su commissione”, volta a punire o intimidire il giornalista per le inchieste trasmesse da Report. La dinamica dell’attentato, con modalità e luogo identici a un episodio avvenuto nel 2023, fa pensare a una minaccia programmata: qualcuno vuole fermare le sue inchieste e spaventare le fonti.
Un messaggio di intimidazione
Già nel 2023, davanti alla stessa abitazione di Ranucci, erano stati trovati due proiettili di pistola, segnale inequivocabile di una minaccia mafiosa. Ora, gli investigatori stanno confrontando i due episodi, evidenziando come chi ha colpito conosca bene la zona e abbia agito con freddezza e precisione. La convinzione degli esperti è che si tratti di un attacco calcolato più per intimidire che per uccidere, con l’obiettivo di fermare le inchieste di Report e mettere in fuga le fonti del giornalista.
Il sostegno e la risposta
Nonostante la paura, Ranucci ha assicurato che la trasmissione tornerà in onda il 26 ottobre come previsto. «Non ci facciamo intimidire, continueremo a raccontare con il nostro solito sguardo», ha detto. Il giornalista vive sotto scorta da tempo, a causa delle minacce legate alle sue inchieste su mafia, corruzione e potere politico.
L’attacco ha suscitato solidarietà da parte del mondo dell’informazione e della politica. Il ministro dell’Interno ha già disposto un rafforzamento della scorta per lui e la sua famiglia, sottolineando l’importanza di tutelare chi lavora per fare luce su criminalità e ingiustizie. Tuttavia, la convinzione più forte tra gli inquirenti è che si tratti di un gesto della criminalità organizzata, volto a intimidire e a mettere a tacere un giornalista scomodo.