PUBBLICATE LE CHAT DI ALESSIA PIFFERI: CIÒ CHE EMERGE È INQUIETANTE

Una storia terribile, che fa venire i brividi, quella della piccola Diana Pifferi, una splendida bimba di soli 18 mesi che è stata lasciata da sola, a morire di stenti, nell’appartamento di via Parea, nel quartiere di Ponte Lambro.

In questo quartiere, alla periferia est di Milano, la madre assassina Alessia Pifferi ha abbandonato la figlioletta per 6 lunghi giorni, per andare a trovare il compagno, 68enne, a Leffe.

Intanto Diana, privata di cibo, acqua, aria, è morta almeno 2 giorni prima del ritrovamento del suo cadavere da parte della stessa Alessia che, tornata dal weekend per ricostruire il rapporto con il suo amato, aveva comunque messo in conto di poter ritrovare la bimba morta.

Così è stato e, dopo l’allarme dato da una vicina di casa,  la Pifferi, il 21 luglio, è finita in manette. Su di lei, allo stato attuale, pende l’accusa di omicidio volontario aggravato ma la sua posizione potrebbe peggiorare dopo l’esito degli accertamenti sui residui di latte contenuti nel biberon, in cui potrebbero essere rinvenute tracce di benzodiazepine.

Se questo dubbio degli inquirenti venisse confermato, per la madre assassina scatterebbe l’ergastolo. Intanto della piccola Diana, restano ancora i suoi vestitini, appesi sul retro della casa, ingialliti dagli agenti atmosferici e il suo passeggino, dato che sulla porta dell’appartamento dell’orrore sono stati apposti i sigilli.

Una morte orribile quella di Diana, attorno alla quale ruotano troppi dubbi, che meritano di essere chiariti per far luce sulla tragedia. E’ per questo che gli investigatori della squadra mobile, nel corso delle indagini su questo efferato caso di cronaca nera, hanno recuperato e analizzato tutte le chat dal telefono della Pifferi mentre lei è reclusa nel carcere di Rebibbia.

Dalle chat, sulle quali è stato mantenuto il massimo riserbo, emerge la conferma di quel che Alessia pensava di Diana: per lei la piccola era un peso, un intralcio alla sua vita, alla sua relazione, un ostacolo ai suoi weekend fuori Milano per raggiungere il 58enne di Leffe con cui aveva ripreso a frequentarsi, a cui raccontava che la figlia era con la nonna, con la zia o con un’inesistente babysitter.

Secondo il gip Fabrizio Filice, la donna soffrirebbe di una “evidente instabilità affettiva recentemente”, manifestata, aggiunge, “in una forma di dipendenza psicologica dall’attuale compagno, che l’ha indotta ad anteporre la possibilità di mantenere una relazione con lui anche a costo di infliggere enormi sofferenze”, culminate con la morte della povera Diana. Questo è quanto riportato da Il Corriere della Sera.

Il giudice ha rigettato la richiesta di accesso al carcere del professor Pietro Pietrini, che è stato incaricato dalla difesa di Alessia Pifferi, di stilare una consulenza neuroscientifica e psichiatrica sulla 37enne. La motivazione alla base di tale rifiuto è il non aver visto motivi validi ai fini di una consulenza tecnica sullo stato di salute mentale della donna. Allo stato attuale, non ci sarebbero elementi che farebbero pensare a possibili patologie psicofisiche dell’accusata.

Una sola certezza: Diana ha cercato con tutte le forze di restare aggrappata alla vita, prendendo a morsi il cuscino per la fame, dato che filamenti riconducibili allo stesso sono stati rinvenuti nel suo stomaco. Una fine atroce, quella della bimba di soli 18 mesi che tutti noi avremmo voluto proteggere e che è morta in un lettino da campeggio, sola, senza pannolino, con le larve degli insetti sul suo corpicino, gli occhi semiaperti e le unghia viola.