“Pronti a farla cadere”. Terremoto Ue, von der Leyen ora rischia davvero grosso

Bruxelles – La compattezza di fronte alla presidenza di Ursula von der Leyen sembra scricchiolare sempre più, mentre nel Parlamento Europeo emergono segnali di inquietudine e di possibile revisione degli equilibri politici. La fragile maggioranza che sostiene l’operato della Commissione, infatti, si trova sotto pressione da più fronti, in particolare dalla sinistra del centrosinistra e da alcuni esponenti moderati del Partito Democratico europeo.

A rompere la superficie di apparente coesione è stata Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico italiano e leader della delegazione più numerosa all’interno del gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). In un intervento deciso, Schlein ha affermato che «i nostri voti non sono garantiti», lasciando intuire la possibilità di un rimescolamento degli alleati a Strasburgo e indicando una maggiore apertura al dissenso rispetto alle direttive dell’esecutivo europeo.

L’onda di critica ha trovato un’ulteriore eco nella voce di Iratxe Garcia Perez, capogruppo spagnola dei Socialisti e Democratici, che ha richiesto una “verifica di maggioranza”. Un messaggio diretto non solo alla presidente Von der Leyen, ma anche ai partner europei del gruppo socialista, in un momento di crescente incertezza politica.

Non sono solo le forze di sinistra a manifestare preoccupazioni: anche esponenti moderati come Dario Nardella, europarlamentare e ex sindaco di Firenze, hanno espresso forti critiche sulla funzione della commissione e sull’atteggiamento del Partito Popolare Europeo (PPE). In un’intervista al Corriere della Sera, Nardella ha sottolineato come «la commissione guidata da Von der Leyen abbia un collegio di commissari deboli» e abbia accentuato le decisioni, riducendo il ruolo del Parlamento nel processo decisionale. Per Nardella, il comportamento del PPE, che «gioca a doppio gioco» votando a seconda delle convenienze tra maggioranza e opposizione, rischia di tradire il mandato democratico e di compromettere l’unità dell’Europa.

Una linea più sfumata e pragmatica viene proposta da Nardella, che distingue tra il sostenere singoli provvedimenti e il dover mantenere salda la maggioranza nel suo insieme. «Far mancare il voto per promuovere le nostre posizioni è diverso dall’uscire dalla maggioranza», ha spiegato. Egli mette in guardia anche dal rischio di spingere i Popolari verso alleanze più inclini alle destre antieuropee, minando un assetto europeo basato sul dialogo e il compromesso.

Tra i dossier più caldi vi è quello di Rearm Europe, il piano di rafforzamento militare dell’Unione Europea. Secondo Nardella, il progetto ha avuto un avvio “trasandato” e prosegue peggio, con i socialisti italiani contrarissimi a riarmamenti nazionali finanziati con risorse destinate ad agricoltura e coesione territoriale. Tuttavia, il Pd italiano si dichiara favorevole a una difesa comune europea, purché si basi su una politica industriale condivisa e finanziamenti equamente distribuiti, emergendo così come promotore di un deterrente europeo che favorisca la pace, e non i conflitti.

La possibilità di una presa di posizione ancora più netta si concretizza nell’ipotesi di un voto contrario sul bilancio UE. Nardella avverte che, qualora la deriva centrista dei popolari dovesse continuare, i socialisti europei potrebbero decidere di staccarsi dall’appoggio alla commissione Von der Leyen, segnando una significativa discontinuità politica. Una decisione che, lungi dall’essere una rottura, verrebbe interpretata come una scelta strategica volta a mantenere l’indipendenza e a proteggere i valori europeisti.