“Perché ha ucciso Pierina”. Louis Dassilva, secondo i magistrati “lei era un pericolo”

La verità giudiziaria sull’omicidio di Pierina Paganelli si fa sempre più pesante, con le lancette che sembrano puntare inesorabilmente verso Louis Dassilva, il 35enne senegalese attualmente in carcere. La decisione del Tribunale del Riesame di Bologna, resa pubblica dopo l’udienza del 18 aprile, ha confermato la custodia cautelare, delineando un quadro indiziario che si fa sempre più stringente. Le 82 pagine di motivazioni tracciano un movente “forte” e una condotta considerata fortemente depistante, mettendo a dura prova la posizione dell’indagato.

Un movente chiaro: Pierina, una minaccia per le relazioni di Dassilva

Secondo i giudici, Pierina Paganelli rappresentava una minaccia concreta per Dassilva. La donna, a conoscenza della relazione extraconiugale tra l’uomo e Manuela Bianchi, sua vicina di casa, avrebbe potuto rivelare tutto alla moglie di Dassilva, Valeria Bartolucci, minando così le due relazioni che l’indagato cercava disperatamente di preservare. “L’indagato non manifestava alcuna intenzione di rivelare volontariamente alla moglie la relazione con la Bianchi”, scrivono i giudici, sottolineando l’interesse di Dassilva a mantenere lo status quo e a reagire contro chi lo metteva in pericolo.

Movimenti, depistaggi e un alibi incerto: gli indizi che pesano

Il Riesame non si limita al movente. L’analisi si estende al comportamento di Dassilva prima e dopo il delitto. L’assenza di attività sul cellulare dell’indagato tra le 21:44 e le 22:18, l’ora cruciale dell’omicidio, è un elemento chiave. I giudici evidenziano la dimestichezza e la padronanza con cui Dassilva si sarebbe mosso all’interno del condominio, descrivendolo come uno che “sa usare professionalmente il coltello”. A ciò si aggiunge l’assenza di un alibi solido, a differenza di Manuela Bianchi, la cui presenza in casa è stata confermata da familiari.

I presunti tentativi di depistaggio rafforzano le tesi accusatorie: messaggi cancellati con Manuela Bianchi, abiti lavati e consegnati tardivamente agli inquirenti, e una “zoppia simulata” dopo il delitto. Tutti indizi che, pur non essendo definitivi, sono ritenuti “gravemente indizianti”. Anche l’alibi fornito dalla moglie, Valeria Bartolucci, è stato ritenuto lacunoso. Un’intercettazione ambientale, in cui la donna ammetteva di non ricordare se fosse sveglia all’ora del delitto, ha ulteriormente minato la credibilità della sua versione.

Un quadro che si fa sempre più cupo

Il quadro che emerge dalle motivazioni del Riesame è quello di un uomo che, secondo i giudici, aveva motivo, occasione e capacità per colpire. Un uomo che “sa simulare”, che si muove con naturalezza sul luogo del delitto, e che ha tentato di sviare le indagini. Un’ipoteca pesante grava ora su Dassilva, mentre la ricerca della verità sull’omicidio di Pierina Paganelli prosegue, con la speranza di arrivare a una parola definitiva che possa fare luce su questo tragico caso.

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