Pamela, c’è un difetto di querela. E archiviano le accuse di stupro

 

Ci sono novità sul caso di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa il 30 gennaio 2018 a Macerata. A causa di un difetto di querela, infatti, è caduta l’accusa di violenza sessuale per i due uomini che avevano incontrato la ragazza poche ore prima della sua morte.

Fuggita dalla comunità per tossicodipendenti Pars di Corridonia, dove era ricoverata, Pamela aveva vagato a lungo prima di finire nelle grinfie del suo aguzzino, il nigeriano Innocent Oseghale, ora condannato all’ergastolo. Nelle ore precedenti al suo omicidio, la 18enne, sola e in condizioni di estrema difficoltà, aveva disperatamente tentato di tornare a Roma, senza tuttavia mai riuscirci. Lungo il tragitto verso casa, Pamela aveva prima incontrato un 50enne di Mogliano, che le aveva dato dei soldi ed un passaggio fino alla stazione ferroviaria dopo aver trascorso qualche ora insieme a lei, e poi un tassista di origini argentine, che l’aveva ospitata per una notte in casa. Nessun gesto di gentilezza nei confronti di una giovane indifesa e con evidenti problemi. Entrambi, stando alle accuse, avevano avuto dei rapporti sessuali con la 18enne, motivo per cui erano poi stati imputati per il reato di violenza sessuale.

Eppure nel corso della giornata di ieri è arrivata la notizia che la procura di Macerata ha deciso di archiviare le indagini. I due uomini, dunque, non subiranno un processo. È lo stesso zio di Pamela, l’avvocato Marco Valerio Verni, a spiegare che cosa sia accaduto.”Sostanzialmente la motivazione è il difetto di querela che, essendo maggiorenne, solo Pamela avrebbe dovuto presentare”, dichiara il congiunto della vittima, come riportato da “AdnKronos”.”Nessun altro, né l’amministratore di sostegno, né la nonna o un eventuale curatore speciale, avrebbe potuto farlo se non lei stessa, uccisa però in via Spalato il giorno dopo la violenza”.

Secondo la legge, dunque, soltanto Pamela, 18enne al momento dei presunti abusi sessuali, avrebbe potuto denunciare il 50enne di Mogliano ed il tassista. Una motivazione inaccettabile, soprattutto per la famiglia della giovane.

“Eravamo preparati a questo esito”, continua lo zio. “Purtroppo, anche con riguardo a questa vicenda, la storia di mia nipote ha dimostrato di essere uno sfortunatissimo ‘unicum’. Quante volte capita che una persona, vittima di un presunto reato, muoia il giorno successivo, per altri fatti ancora, senza aver avuto né il tempo né il modo di sporgere la relativa querela? Tra l’altro il giudice delle indagini preliminari non sembra aver affatto escluso che Pamela, quel 29 gennaio, potesse essere in condizioni di inferiorità psichica e che queste potessero essere riconoscibili da chiunque avesse avuto un approccio con lei, ma ha respinto l’ipotesi che la stessa Pamela potesse trovarsi in uno stato tale da configurare il presupposto per una eventuale omissione di soccorso che avrebbe, invece, nella nostra ottica, potuto permettere di superare l’ostacolo tecnico riguardante il difetto di querela per la violenza sessuale”.

“Rivolgiamo un appello a tutte le forze politiche affinché, nelle opportune sedi, si colmi questo vuoto, di modo che, nella malaugurata ipotesi dovesse ripresentarsi un episodio simile, non venga negata ai familiari la possibilità di adire autonomamente le vie giudiziarie, per indagare fino in fondo l’eventuale commissione di un reato così grave ai danni di un loro caro”, aggiunge l’avvocato Marco Valerio Verni. “Un caso difficilissimo da replicarsi, fortunatamente, ma che è capitato e che, dunque, deve servire in qualche modo da ‘leading case’ nell’ottica della futura produzione normativa, affinché non accada ad altri. Che la vicenda di Pamela serva anche a questo”, conclude.

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