Ora vogliono la testa della Meloni: perché è sempre sotto attacco

 

Succede sempre così: quando un leader di centrodestra inizia a imporsi sulla scena pubblica, ecco che inizia l’assalto di media e commentatori della sinistra à la page.

È successo con Silvio Berlusconi, poi con Matteo Salvini e oggi, infine, con Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia, infatti, sta crescendo parecchio. Forse troppo. Nato dalle ceneri di Alleanza Nazionale, il partito di destra è passato dal 3,6% delle elezioni europee del 2014 al 17,3 circa (queste le proiezioni) di oggi. Tutto merito della Meloni e di quella che è stata definita la “generazione Atreju”, ovvero la nuova dirigenza del partito che sta plasmando una nuova destra nei modi ma non nei contenuti (consigliamo a tal proposito il libro di Francesco Boezi: Fenomeno Meloni – Viaggio nella Generazione Atreju).

Nell’ultimo periodo, gli attacchi alla Meloni si sono moltiplicati. Ieri, per esempio, Giovanni Gozzini – professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell’Università di Siena – ha detto alla radio: “Ieri s’era m’è preso il mal di miserere quando ho sentito quell’ortolana, con tutti il rispetto per la categoria, della Meloni…lei pensava di fare una grande fine ad effetto del suo discorso dicendo: lei presidente ha detto questa famosa frase, ‘whatever it takes’, io le dico: ripeta ‘whataver it takes’ per l’Italia. Per l’Italia! Siamo ancora a questo nazionalismo retorico, demenziale, ignorante”. “Questa pesciaiola”, ha aggiunto il professore, “e mi dispiace offendere questi negozionanti ma io non posso vedere in Parlamento gente simile, di un’ignoranza di questo livello, che non ha mai letto un libro in vita sua, che può rivolgersi da pari a pari a un nome come quello di Mario Draghi”. Non contento, e rimbrottato dai conduttori, Gozzini si è spinto oltre affermando: “Datemi dei termini: una rana dalla bocca larga? Una vacca? Una scrofa? Cosa devo dire? Cosa devo dire per stigmatizzare il livello di ignoranza e presunzione?”.

Non appena il caso è diventato di dominio pubblico, il professore ha chiesto scusa e, una volta tanto, pure la sinistra, in particolare quella toscana, ha preso le difese della Meloni. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, le ha pure telefonato – ha raccontato la leader di Fdi – “per esprimermi personalmente la sua solidarietà in seguito agli insulti osceni ricevuti oggi”. E questi sono gli attacchi più beceri, ma sempre più frequenti. In questi giorni, per esempio, è stato pubblicato un vecchio post di Eric Gobetti, storico e autore di un singolare (eufemismo!) libro sulle foibe, in cui dava della “zoccola” alla Meloni. Nessuno ne ha parlato. Solo ilGiornale e pochi altri. Le offese a una donna valgono forse meno se lei è di destra? Oppure certi media si sono trovati in imbarazzo di fronte alle parole di Gobetti?

 

Oggi, sul Fatto Quotidiano, Furio Colombo rivela quali sono le sue preoccupazioni nei riguardi della Meloni: “La vivace leader di Fratelli d’Italia (un gruppo a parte, che al momento si è accampato fuori dalle mura di governo, perché dice senza opposizione non c’è democrazia) ha trovato il modo di farsi ascoltare persino da un mondo giornalistico privo di curiosità. Scrive lunghe lettere ai giornali, una volta al Corriere della Sera, una volta a Repubblica, e c’è da credere che continuerà se qualcuno non vorrà decidere di saperne di più”.

La Meloni sa parlare in modo trasversale e, soprattutto, è ascoltata: per questo i giornali le danno spazio. La sinistra questo non lo può tollerare ed è per questo che cerca di sovrapporre una frase di sir Roger Scruton citata dalla Meloni “al Manifesto di El Pasos, un documento del sovranismo americano, legatissimo (erano i tempi di Trump) al sovranismo fermamente avverso all’Unione europea. Il manifesto spiegava perché era stata necessaria una strage (58 persone abbattute a raffiche di fucile da ‘un patriota’) perché erano o sembravano messicani”. Un solecismo del pensiero, quello di Colombo, che fa dire alla leader di Fratelli d’Italia quello che non ha mai scritto né pensato.

Citiamo infine quanto riportato dalla Stampa lo scorso 7 febbraio in un lungo ritratto, condito di sarcasmo a dire il vero poco efficace intitolato, intitolato Meloni, la lotta e non il governo: la sovranista del gran rifiuto: “Comprensivo di sensi di colpa perché la politica la tiene lontana dalla figlia piccola, Ginevra, prodotta con la collaborazione del compagno autore Mediaset di quattro anni più giovane e mai sposato (però è curioso: tutti questi campioni della famiglia tradizionale ne hanno una irregolare, almeno davanti a Dio. Lei però ribatte che è colpa di lui, che non vuole sposarsi)”. Una espressione, “prodotta con la collaborazione…” che ha giustamente fatto infuriare Fdi.

Ma con la Meloni tutto è concesso. Persino l’insulto. Nel silenzio assordante della sinistra.

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