Ora lo ammette pure la sinistra “I centri migranti sono focolai…”

 

Il sistema di accoglienza italiano è carente, insufficiente e non in grado di sopperire alle attuali esigenze. Per di più, i centri di accoglienza hanno l’aspetto di vere e proprie bombe sociali e sanitarie, luoghi in cui il contagio da coronavirus può correre più facilmente.

A certificare questa situazione non sono membri dell’opposizione o report afferenti a una parte politica contraria all’attuale maggioranza.

Si tratta invece di un quadro disegnato da ActionAid e Openpolis e ripreso in un articolo di Salvatore Dama su Libero, nel quale si evince come l’Italia sia piuttosto indietro nell’accoglienza. Il vero problema, hanno sottolineato nel rapporto, è la scelta dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte di puntare su grandi centri e non su un’accoglienza diffusa. Questo sta provocando sovraffollamento in grado di portare a diffusione del contagio e a rivolte all’interno delle strutture.

Bocciata l’accoglienza nei grandi centri

“Un terzo delle prefetture – si legge nel report – hanno riscontrato difficoltà nell’assegnare i posti in accoglienza. Il capitolato di gara incentiva i centri di accoglienza di grandi dimensioni a scapito di quelli piccoli e distribuiti sul territorio, aumentando così, fra le altre cose il rischio di contagio da coronavirus”. Una bocciatura senza appello per il nostro sistema, gravato quest’anno non solo dall’emergenza sanitaria ma anche da un importante aumento nel numero delle persone sbarcate.

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“Molti gestori del terzo settore – rimarcano ActionAid e Openopolis – hanno deciso di non rispondere al bando per il sistema di accoglienza prefettizio”. Questo dimostra le difficoltà insite nella strategia dell’attuale governo. Ma non solo: “Soggetti disposti a gestire strutture ridotte a dormitori, enti con dichiarato scopo di lucro o che non hanno competenze specifiche, sono cresciuti di importanza nel sistema a discapito degli attori con capacità e a vocazione sociale”. In poche parole, propendere per grandi centri in cui immettere all’interno centinaia di persone non solo crea problemi di sicurezza, ma lascia la strada alla gestione da parte di enti o aziende con poche competenze in materia. A persone od enti cioè che si gettano sull’accoglienza per fare soldi e non per puntare a una vera integrazione.

Anche per questo motivo, come emerso dal report, “i grandi centri sono diventati terreno fertile per il contagio. In un momento di emergenza sanitaria le criticità delle grandi strutture sono emerse con forza”. Del resto di episodi di rivolte all’interno di centri dove poi è emersa la presenza di migranti positivi al coronavirus, soprattutto negli ultimi mesi, ne sono stati segnalati parecchi.

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Nello studio di ActionAid e Openopolis spazio anche alle difficoltà amministrative che a volte si riscontrano nell’accoglienza: “I problemi amministrativi e gestionali hanno portato negli ultimi due anni 34 prefetture a ripetere i bandi per l’accoglienza – si legge nel documento – 14 di queste per tre volte di seguito. Le Regioni in cui il problema si presenta con maggiore frequenza sono l’Emilia-Romagna (27 ripetizioni), la Toscana (25) e la Lombardia (23)”.

Preoccupa la situazione nelle regioni di primo approdo

Il quadro emerso dal rapporto disegna anche un’Italia divisa in due sotto il profilo dell’accoglienza. Nel nord sembra esserci maggiore spazio per un sistema diffuso a scapito di quello retto da grandi centri: “Dall’analisi degli importi messi a bando dalle Prefetture per i vari tipi di centri di accoglienza straordinaria (unità abitative, Cas fino a 50 posti, Cas fino a 300 posti) – appare scritto nello studio – si rileva che quelle del Centro Nord e soprattutto nel Nord Est (59,2% delle risorse stanziate per posti in abitazioni) hanno cercato di mantenere un modello di accoglienza diffusa. Nel Mezzogiorno, al contrario, permane la tendenza a favorire i centri collettivi e quelli di grandi dimensioni”.

In Sicilia in particolar modo l’esistenza di grandi centri crea ancora più problemi. E questo perché l’isola è regione di primo approdo. Una preoccupazione valevole anche per un’altra regione che sta più a nord ma anch’essa di primo approdo seppur per i migranti arrivati via terra, ossia il Friuli: “In regioni di confine come il Friuli-Venezia Giulia e la Sicilia – si sottolinea nel documento – nonostante sistemi diversi si è fatto ampio ricorso ai centri governativi per concentrare migranti in ingresso senza che si riuscisse a ridistribuirli sul territorio nazionale in tempi ragionevoli. Una situazione che ha prodotto tensioni sociali a livello locale, centri stracolmi e prassi lesive dei diritti delle persone ospitate”.

La soluzione, secondo ActionAid e Openopolis, risiede in un’immediata inversione di tendenza nei capitolati di gara sull’accoglienza emanati dal governo e dal Viminale.

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