Il passaggio alle auto elettriche in Italia, presentato come un’opportunità di risparmio e sostenibilità, si sta rivelando per molti un percorso costoso e poco vantaggioso. Il caso del piano A2A Easy Moving è emblematico: con un abbonamento mensile di 106 euro per 300 kWh, l’offerta appare conveniente solo sulla carta. In realtà, penalizza soprattutto coloro che usano l’auto in modo saltuario o per brevi spostamenti.
A differenza delle auto a benzina, dove si paga solo il carburante consumato, l’elettrico impone un costo fisso mensile, anche quando il veicolo resta inutilizzato. Pensionati, famiglie che escono solo nel weekend o pendolari con tragitti brevi si ritrovano così a sostenere spese sproporzionate rispetto all’effettivo utilizzo del mezzo.
Questo tipo di tariffazione sta generando crescente malcontento: molti utenti percepiscono l’abbonamento come una sorta di “tassa occulta” che si aggiunge a una lunga lista di spese spesso non chiaramente indicate al momento dell’acquisto. A soffrirne non sono solo i proprietari di auto full electric, ma anche quelli di ibride plug-in, costretti a pagare sia il carburante che l’elettricità.
Un doppio esborso che annulla i presunti vantaggi economici della mobilità sostenibile. A complicare ulteriormente il quadro è l’assenza di un intervento normativo. Nonostante le crescenti lamentele da parte degli automobilisti, il governo non ha ancora introdotto misure per rendere più eque e trasparenti le politiche tariffarie. Il rischio è che questo scenario scoraggi una larga fetta di potenziali acquirenti, rallentando la transizione verso una mobilità a zero emissioni.
Per invertire la tendenza, sarebbe fondamentale adottare un sistema di tariffazione basato sul reale consumo. Un approccio più flessibile e trasparente non solo aiuterebbe le famiglie a risparmiare, ma rafforzerebbe anche la fiducia nei confronti dell’elettrico, rendendo la mobilità sostenibile davvero accessibile a tutti.