“NON TI DEVI SPAVENTARE, È NORMALE TRA MASCHIO E FEMMINA”, LO ZIO “ORCO” VIOLENTA LA NIPOTE

Non c’è da stupirsi se gli orchi, gli aguzzini, i carnefici si trovano all’interno delle stesse mura domestiche delle loro vittime o nell’ambito dei parenti più stretti.

Purtroppo la piaga delle violenze sessuali ai danni dei minori è radicata, nonostante si cerchi, in tutti i modi, di scongiurare che nuovi episodi possano accadere.

La cronaca è piena di casi che suscitano orrore, sgomento, sconcerto, indignazione, rabbia nella collettività. Ci si sente inermi dinnanzi ad un fenomeno in cui, chi subisce, avverte il senso di solitudine che ruota attorno alla sua storia.

Molto spesso le vittime, dopo gli abusi, non denunciano per paura di ritorsioni e le loro condizioni psicologiche peggiorano drasticamente, sino a tragici epiloghi.

La storia che sto per raccontarvi è l’ennesima di un lungo elenco di abusi e violenze sessuali ai danni dei minori ed è avvenuta in Italia. Vediamo in dettaglio cosa è successo.

“Non ti preoccupare, è una cosa normale tra maschio e femmina”. Queste solo le parole che una bimba di soli 7 anni si è sentita ripetere da chi non voleva il suo affetto ma qualcosa di sporco e orribile. A proferirle era suo zio, quell’uomo di cui si fidava, che si aggirava per casa, che aveva visto scherzare con i suoi genitori. Mettiamoci per un attimo nella testa di quella piccola. Come avrebbe mai potuto, anche lontanamente, immaginare che proprio lo zio che l’ha vista crescere, le avrebbe potuto distruggere la vita?

Quello stesso zio oggi, difeso dall’avvocato Cristina Zinci, è sotto processo. Su di lui pende un’accusa gravissima: quella di violenza sessuale aggravata nei confronti della nipote minorenne. Secondo la procura di Perugia, che su questo punto è molto rigida se non impassibile, l’uomo avrebbe agito abusando della sua autorità, connessa al fatto di essere lo zio della persona offesa che è una bambina. Lo preciso perché non c’è mai fine all’orrore.

Facendo leva sullo stato di soggezione psicologica della stessa, il 56enne di origini ecuadoregne avrebbe costretto la nipotina a subire atti sessuali consistiti nell’infilare, in più occasioni, ” le mani all’interno delle mutandine e nel toccarla con le dita”. I fatti, cui si riferisce il capo di imputazione, risalgono al 4 settembre 2017 e sono avvenuti a Perugia.

Il 19 settembre, quindi solo qualche giorno fa, si è aperto il processo davanti al I collegio del Tribunale penale di Perugia con il deposito delle liste di testimoni, certificati medici e perizie. I fatti sono relativi a cinque anni fa e la bambina, oggi 12enne, non di sa come e se abbia superato il trauma di quella fiducia mal riposta nei confronti di colui che si aggirava all’interno della sua casa e diceva di volerle bene in senso affettuoso… quell’affetto che si è rivelato un atto di aberrante violenza.

I genitori sono rappresentati dall’avvocato Lorella Mercanti e sono pronti a difendere la figlia minorenne con le unghie e con i denti contro quel mostro di cui si fidava ciecamente. Il prossimo 15 novembre si torna in aula e speriamo che la giustizia faccia presto il suo corso. L’ennesima conferma che il carnefice non va ricercato altrove ma, spesso, nella stessa casa.