“Non adesso!”. Rissa alla Camera, il VIDEO che inchioda proprio loro: colpo di scena folle

 L’Aula della Camera dei deputati ha approvato in terza lettura la tanto discussa riforma della giustizia, un provvedimento che promette di rivoluzionare l’assetto dell’ordinamento giudiziario italiano. La votazione, conclusasi con 243 voti favorevoli e 109 contrari, ha suscitato emozioni contrastanti tra i presenti, tra applausi di gioia e tensioni che sono esplose subito dopo il risultato.

L’atmosfera in aula era densa di aspettative e di un certo nervosismo, con i deputati che scambiavano sguardi d’intesa e gesti significativi. Quando il tabellone elettronico ha annunciato l’esito, un fragoroso applauso ha riempito l’emiciclo, coinvolgendo non solo la maggioranza ma anche il governo. Tuttavia, pochi secondi dopo, la scena si è fatta più confusa: urla, gesti concitati e deputati che si sono alzati dai propri scranni per avvicinarsi al centro dell’aula, scatenando una bagarre che ha portato alla sospensione della seduta da parte del presidente Sergio Costa.

Cosa prevede la riforma

Il provvedimento approvato introduce una netta separazione tra le carriere dei magistrati, distinguendo tra magistratura requirente e giudicante. Tra le novità principali, si prevede il sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura (Csm) e la creazione di un’Alta Corte Disciplinare dedicata al controllo sui magistrati. La modifica dell’articolo 104 della Costituzione mira a delineare percorsi professionali distinti per pubblici ministeri e giudici, con l’obiettivo di garantire maggiore equilibrio tra le funzioni dell’accusa e della difesa.

Ora il testo passa al Senato per la quarta e ultima lettura, prima di essere sottoposto a un referendum confermativo previsto per la primavera del 2026. La riforma, secondo i suoi promotori, rappresenta un passo avanti verso un sistema giudiziario più efficiente e trasparente, mentre le opposizioni temono che possa compromettere l’indipendenza della magistratura e alterare gli equilibri costituzionali.

Le polemiche e le tensioni in aula

Dopo il voto, l’atmosfera si è fatta più accesa. Chiara Braga, capogruppo del Partito Democratico, ha criticato aspramente i membri del governo che si erano uniti agli applausi della maggioranza, scatenando reazioni immediate tra gli oppositori. Alcuni deputati, tra cui Leonardo Donno del M5S, hanno lasciato i propri posti per scendere in aula e protestare, mentre il presidente Costa ha deciso di sospendere la seduta dopo vari richiami.

Nel frattempo, sui social network è circolato un video che ha alimentato nuove polemiche: si sentono chiaramente le voci di Chiara Braga ed Elly Schlein che urlano “Non adesso Nico!” rivolgendosi a un collega del Pd. Molti utenti hanno sollevato dubbi sulla veridicità di quella scena, accusando i protagonisti di averla “messa in scena” per disturbare la votazione.

Le parole di Nordio e la linea della maggioranza

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato le polemiche definendole una “diversione” orchestrata dall’opposizione per sminuire l’importanza della vittoria della maggioranza. “La bagarre è stata provocata per cercare di ridimensionare un risultato politico importante come questa riforma,” ha affermato Nordio, sottolineando che l’entusiasmo dei banchi della maggioranza è più che giustificato e normale in un momento così cruciale.

Secondo il Guardasigilli, il largo consenso ottenuto rafforza la solidità politica del provvedimento, che si appresta a superare anche l’ultima fase parlamentare e a essere sottoposto al giudizio dei cittadini tramite il referendum.

Verso il referendum del 2026

La strada verso il voto popolare è ormai tracciata. Se approvata dal Senato e confermata dal referendum, la riforma diventerà definitiva, segnando un punto di svolta nella storia della giustizia italiana. Il dibattito politico e istituzionale rimane acceso, tra accuse di “sceneggiature” e celebrazioni, mentre si attende di conoscere l’esito di questa importante sfida democratica.

Il futuro della magistratura e l’equilibrio tra i poteri dello Stato saranno decisi dagli italiani nel 2026, in un momento cruciale per la democrazia e l’indipendenza delle istituzioni.