Monreale, il sopravvissuto: “Io salvo per 3 cm, cosa ha fatto Andrea…”
Si continua a parlare, sul fronte della cronaca nazionale, della strage di Monreale, in cui hanno perso la vita, nel corso di una sparatoria, tre giovani ragazzi , mentre due sono stati coinvolti in modo grave.
Mentre gli inquirenti sono a caccia dei complici di Salvatore Calvaruso, reo confesso, che dovrebbero essere quattro, prezioso, per ricostruire l’accaduto, è il racconto dei testimoni oculari della lite, divampata per futili motivi, che ha avuto le conseguenze di una mattanza. Tutto si è consumato a pochi passi dal Duomo di Monreale, che ospita il famosissimo Cristo Pantocratore.
La città era in un clima di festa, dunque tra luminarie, le bancarelle di dolciumi, le strade bloccate, essendo giornate di vigilia della festa del patrono. In questo contesto di felicità, di attesa, dal forte valore simbolico ma anche in uno scenario di tradizioni e religione, la mattanza si è consumata sotto gli occhi di una marea di gente.
Allo stato attuale, vi è solo un fermo ma è doveroso consegnare alla giustizia gli altri complici, sulle cui tracce si sono mossi i carabinieri, al lavoro in queste ore.
Un testimone dal triplice delitto di Monreale, riuscito a salvarsi, ha raccontato cosa ha fatto Andrea Miceli, il 26enne deceduto assieme ad altri due ragazzi.
Una notte di follia, quella consumatasi a Monreale, peraltro in un contesto di festa per il Santo Patrono. I titolari dei locali attorno alla Caffetteria 365, in cui è avvenuta la lite, poi degenerata in mattanza, ricostruiscono l’accaduto. Tra loro, un testimone di un gesto eroico fatto da uno dei tre deceduti.
Stando al racconto del gestore di una gelateria, Andrea Miceli, dopo i primi tre colpi, si è preoccupato di mettere al sicuro la fidanzata, tirandola per un braccio e facendola entrare in auto.
“Poi si è girato per andare a dare aiuto al cugino. Non gli hanno dato neppure il tempo di fare due passi e gli hanno sparato” sono state le ulteriori dichiarazioni del gestore della gelateria.
Si pensava che Andrea potesse farcela ma è deceduto, presso l’ospedale di Palermo, facendo la stessa tremenda fine di Salvatore Tordo, suo cugino, tra i tre che hanno perso la vita. Per una futile lite, divampata per la velocità dello scooter, due giovani ragazzi, inseparabili figli di due sorelle, non sono più su questa terra.
Entrambi lavoravano nell’azienda edile del padre di Miceli, erano stimati dalla loro comunità e facevano parte della Confraternita del Santissimo Crocifisso. Fabrizio Lamantia, responsabile del settore giovanile della confraternita, ha dichiarato: «Due ragazzi splendidi. Li conoscevo da vent’anni, li ho visti crescere. Nella Confraternita avevano fatto tutto il percorso: prima novizi, poi probanti, ora adulti. Inoltre frequentavamo lo stesso circolo ricreativo. Andrea lo avevo visto venerdì e poco prima c’era stata l’assemblea generale della Confraternita. L’altra sua grande passione era il calcio. Andava matto. Due persone buone ed altruiste, cresciute in famiglie di grandissimi lavoratori. Per niente al mondo sarebbero stati capaci di litigare con qualcuno».