Mentre il governo chiede l’elemosina all’Europa, Di Maio “regala” oltre 2 miliardi all’Africa e 2 per gli altri Paesi
GRANDI SPESE
Eppure le cifre in ballo sono grosse. Il budget della cooperazione ammontava a 5,2 miliardi di euro nel 2017. Scese a 4,4 miliardi l’anno seguente, ma solo a causa dell’«effetto Salvini»: in quella somma entravano anche le spese destinate all’accoglienza temporanea dei rifugiati e dei richiedenti asilo, diminuite di 650 milioni dopo il giro di vite agli sbarchi imposto dall’allora ministro dell’Interno. Gli stanziamenti sono poi tornati a crescere, superando nel 2019 la soglia di 5 miliardi. Ora Di Maio e gli altri prevedono di spendere per la cooperazione 4,4 miliardi nell’anno in corso e 4,5 miliardi nel 2021. Soldi che in gran parte vengono da tre ministeri: Economia, Interno e Affari Esteri. Cifre importanti prima dell’epidemia e a maggior ragione adesso, con l’Inps che non riesce a pagare la cassa integrazione a tutti coloro che ne hanno diritto e il governo italiano costretto a ricorrere ai prestiti garantiti dall’Unione europea e ad accettare, comunque vada, di rendere conto a Bruxelles delle scelte di spesa pubblica che farà da adesso in poi. I rivoli attraverso cui i soldi dell’aiuto italiano allo sviluppo si perdono per il globo sono moltissimi e di forme diverse, e pure questo complica il controllo.
C’è la cooperazione multilaterale, che passa attraverso gli uffici dell’Onu e delle sue agenzie: istituzioni alle quali i finanziamenti incassati servono soprattutto per mantenere se stesse. Ci sono le banche e i fondi multilaterali, come la Banca africana di sviluppo, la Banca Mondiale e il Fondo Verde per il clima, ai quali il nostro ministero dell’Economia partecipa sottoscrivendo la propria quota di capitale. C’è la cooperazione europea, che avviene attraverso la Ue, e quindi la cooperazione bilaterale, che l’Italia fa direttamente, attraverso accordi con i singoli Paesi: solo di questi ultimi progetti, in realtà, si riesce a sapere qualcosa. Le risorse italiane finiscono per il 50% in Africa e per il 33% nei Balcani e in Medio Oriente, con il resto sparso negli altri angoli del mondo. Il governo ha scelto di concentrarsi su ventidue «Paesi prioritari», tra i quali figurano la sempre amatissima Cuba (94 milioni di euro erogati in un anno), che secondo il nostro esecutivo sarebbe percorsa da «un nuovo impulso riformista», e l’Afghanistan (117 milioni). Ci sono pure i territori palestinesi (46 milioni), e in questo caso la motivazione è dichiaratamente politica: lo scopo di quegli aiuti, si legge nel documento della Farnesina, è «rafforzare la leadership dell’Autorità nazionale palestinese», la stessa che continua a negare il diritto all’esistenza del popolo israeliano.
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