Maurizio Costanzo condannato per aver diffamato un giudice

Commenti ritenuti perseguibili ai sensi dell’articolo 595 del Codice penale, Maurizio Costanzo è stato condannato per aver diffamato un giudice.

Durante una puntata del suo “Show” il giornalista e conduttore fece considerazioni sul Gip di Rimini Vinicio Catarini in ordine ad un suo pronunciamento sul caso di Gessica Notaro, la ragazza sfregiata dal suo ex fidanzato.

Costanzo condannato: ha diffamato un giudice

Nel 2017 Catarini emise una misura di cautela sul caso di Gessica Notaro e Costanzo non ne gradì l’incisività, lo disse con toni che vennero ritenuti diffamatori dalla Procura dopo denuncia di parte ed ora è arrivata la condanna nei confronti del giornalista del tribunale di Ancora, che ha previsto un anno di reclusione, con pena sospesa, e 40mila euro di danni.

In ordine al fatto-reato Gessica Notaro in quel periodo aveva iniziato a mostrarsi tv a volto scoperto dopo la terribile aggressione con l’acido da parte dell’ex fidanzato Edson Tavares.

“Vogliamo fare il nome di questo Gip?”

Durante il Maurizio Costanzo Show il conduttore fece ironia sulla decisione di Catarini di disporre il divieto di avvicinamento nei confronti di Tavares anziché gli arresti domiciliari, misura questa chiesta dalla Procura.

Disse Costanzo: “Complimenti a questo a gip, vogliamo dire il nome del gip che ha fatto questo? Diamo il nome. Io mi voglio complimentare col gip. Dico al Csm, al Consiglio Superiore della magistratura: fate i complimenti da parte mia a questo gip che ha deciso questo”. In punto di Diritto il giornalista avrebbe “offeso la reputazione della toga”.

Nome mai fatto ma individuabile

Perché? Perché è vero che il nome non venne fatto, ma è anche vero che la risonanza mediatica della vicenda Notaro rendeva quel nome estremamente identificabile.

Per l’accusa e per la sentenza di primo grado quindi Costanzo avrebbe agito “lasciando intendere che le conseguenze gravissime derivate dalla donna fossero conseguenza dell’atteggiamento inoperoso o superficiale dello stesso giudice, che non era stato sufficientemente vicino nel seguire l’evoluzione della vicenda”.