Libia, Di Maio prende “schiaffoni” dalla moglie di un pescatore: “Con lui non ci parlo, non lo perdonerò mai”

Una videoconferenza con i parenti dei pescatori, l’armatore e le autorità di Mazara del Vallo, sindaco in testa. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il ministro della Giustizia, il mazarese Alfonso Bonafede, pensavano di cavarsela così. Invece, la diretta si è rivelata un boomerang: l’ennesima occasione in cui il governo si è dimostrato distante – non solo fisicamente – dalle famiglie. E, infatti, sia l’armatore sia il sindaco non hanno nascosto una certa delusione per una mancata visita domani, quando è previsto l’arrivo dei pescatori a Mazara. La moglie di un pescatore, poi, ha disertato l’incontro con Di Maio in aperta polemica con l’esecutivo. “Non li perdonerà mai”, ha detto.

Il governo pensa di cavarsela con una video chiamata

La videoconferenza si è tenuta nell’aula consiliare di Mazara del Vallo, a porte chiuse, ovvero senza che la stampa potesse partecipare. Di Maio, secondo quanto riferito, si è detto contento del rientro a casa dei pescatori per Natale e si è giustificato per l’assenza dicendo che “è meglio che sia un momento intimo tra i familiari”. Stessa storia per Bonafede. “Ci ha detto che alla prima occasione spera di potere venire per potervi abbracciare, Covid permettendo….”, ha riferito l’armatore del peschereccio “Medinea”, Marco Martone, rivelando che “noi speravamo che domani venisse qualcuno del governo per l’arrivo dei nostri pescatori, per condividere con noi questa gioia, ma non verrà nessuno”. “Sarebbe stato bello – ha aggiunto – per capire che gioia immensa stiamo provando per la liberazione dei nostri pescatori. Una gioia che magari potevano darci un po’ prima“.

Il racconto: “Mio marito è stato picchiato a sangue”

E quanto siano stati dolorosi questi oltre tre mesi di sequestro per i familiari è emerso dai loro racconti. “Il giorno del sequestro mio marito è stato picchiato. L’ho capito quando ho visto una sua foto, pochi giorno dopo il sequestro dei pescherecci, e aveva un occhio gonfio e una parte del viso arrossata. Conosco mio marito e ho capito subito che ha subito violenze… È stato pestato a sangue“, ha detto Marika Calandrino,  moglie di Gaspare Giacalone, con il quale ha una bimba che ora ha un anno e mezzo. “Quando ci siamo sentito il 13 novembre al telefono non ne abbiamo parlato. Ma noi ci capiamo al volo, abbiamo un nostro linguaggio. Disse solo ‘Aiutateci’ e io lo rassicurai che stavamo facendo il possibile“. Da allora è passato un altro mese abbondante.

Una figlia: “Io discriminata perché italo-tunisina”

Altrettanto doloroso il racconto della figlia di uno dei pescatori Naoires Ben Haddada, che ha la doppia cittadinanza, italiana e tunisina. “In questi 108 giorni ci siamo sentiti una famiglia con tutti gli altri parenti dei pescatori, ma c’è stato un momento in cui mi sono sentita discriminata. È successo quando l’Ambasciata italiana ha consentito ai familiari dei pescatori di sentire i propri parenti. In quell’occasione – ha raccontato – a noi non fu consentito di sentire mio papà prigioniero, la Farnesina ci disse di rivolgerci all’Ambasciata tunisina“. “Trovo sia stato ingiusto. Io ho la doppia cittadinanza”, ha commentato la ragazza, rivelando: “Quella è stata la prima volta che davvero mi sono sentita discriminata. È stato orribile”.