Leone XIV, il papa che non divide: cosa è successo davvero dentro la Sistina. Retroscena di un’elezione lampo
Con una rapidità inaspettata, il Conclave si è concluso con l’elezione di Robert Francis Prevost, nuovo Papa Leone XIV. Un’elezione definita da molti come “per sottrazione”, che ha visto l’ascesa silenziosa del cardinale americano al quarto scrutinio, superando le aspettative e delineando un nuovo corso per la Chiesa.
L’elezione di Prevost, prefetto del Dicastero per i Vescovi, non è stata un’acclamazione, ma il risultato di una strategia ben definita: l’eliminazione progressiva dei candidati più esposti e la convergenza su una figura considerata “ponte”. Un profilo sobrio, capace di parlare con tutti e di non spaventare nessuno.
Una convergenza silenziosa, un lavoro diplomatico discreto
Già alla seconda votazione, l’ascesa di Prevost era evidente. Dietro al risultato, secondo fonti vicine ad alcuni cardinali europei, si celerebbe un lavoro diplomatico paziente e discreto. Tre figure chiave avrebbero giocato un ruolo fondamentale: Cupich, arcivescovo di Chicago e volto dei bergogliani USA; Carlos Gustavo Castillo Mattasoglio, arcivescovo di Lima; e Reinhard Marx, il tedesco che aveva dialogato a lungo con Prevost. Un asse non dichiarato, ma una rete silenziosa con l’obiettivo di garantire la continuità post-Bergoglio, senza però sterilizzarne l’eredità.
Secondo alcune indiscrezioni, almeno due cardinali italiani, non tra i più noti, avrebbero suggerito di convergere su Prevost già la mattina del secondo giorno, mossi dal realismo e dalla convinzione che fosse l’unico in grado di tenere insieme diverse anime della Chiesa.
Un consenso trasversale, costruito sulla fiducia
Prevost ha convinto per la sua assenza di rigidità ideologica. Americano, ma con una profonda formazione latinoamericana, ha vissuto in Perù per vent’anni, lontano dai palazzi. La sua partecipazione alle assemblee sinodali del 2023 e 2024 gli ha guadagnato la reputazione di un ascoltatore attento e autentico. La stima reciproca con alcuni porporati italiani, come Paolo Lojudice e Jean-Marc Aveline, figure influenti nel dicastero dei Vescovi, ha contribuito a rafforzare il suo consenso.
“Non divide, non spaventa, non promette” – avrebbe detto di lui uno dei presenti – “e questo oggi vale più di mille proclami.”
Transizione o evoluzione? Un pontificato all’insegna della collegialità
L’elezione di Leone XIV è stata interpretata da alcuni come un segnale di stabilità, forse anche di transizione. Il suo primo discorso, incentrato sulla “costruzione di ponti di pace”, è stato letto in chiave universale, ma anche interna, come un invito a ricucire le divisioni e a coinvolgere tutti nel governo ecclesiale.
Nel Conclave, si è discusso con insistenza della possibilità di riformare la figura del Papato, rendendola più collegiale. Un’ipotesi che Prevost potrebbe abbracciare, ispirando il suo pontificato. “Un papato con più voci, non più debole”, ha dichiarato un cardinale francofono. Una frase che racchiude le speranze e le aspettative per il nuovo corso della Chiesa di Leone XIV.