Lega sempre più a pezzi: Salvini sta pagando caro l’appoggio a Draghi. I suoi ministri vogliono farlo saltare e trasformare il partito in una Forza Italia qualsiasi

Francesco Olivo per “la Stampa”

Chi parla con Matteo Salvini in queste ore difficili raccoglie sempre la stessa risposta: «Sono cresciuto nella Lega di Bossi e so che non si attaccano gli altri leghisti». Gli mandano per Whatsapp gli articoli che lo dipingono nell’angolo, ma lui non si smuove, preferisce lavare i panni sporchi in casa, lo ha sempre fatto e non sarà questa bufera a fargli cambiare linea. Negli ultimi giorni, però, Salvini sta facendo sempre più fatica a tenere buoni i suoi fedelissimi che osservano quelle che giudicano manovre ostili all’interno del Carroccio.

L’incontro di oggi con Luca Zaia a Belluno servirà per mettere una pezza sulle divisioni interne, ma i problemi non si risolvono con una foto.

Nel mirino sono finiti i ministri, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia e più in generale l’ala dei cosiddetti governativi, accusati di sostenere più l’esecutivo che il partito e di lavorare incessantemente per indebolire il segretario.

Così è nato un contrattacco: «Quando Salvini era al governo abbiamo raddoppiato i voti – , dice un parlamentare di prima fila – da quando ci sono loro li abbiamo dimezzati e se i sondaggi sono quelli che sono è soprattutto colpa loro». La tesi è ripetuta spesso in queste settimane, una ricostruzione semplicistica, ma spia di veleni interni non facilmente gestibili che si allargano a scenari futuribili: il sospetto è che si lavori per una Lega «desalvinizzata», europeista e pronta a raccogliere l’eredità di Forza Italia. L’addio polemico al centrodestra dell’ex candidato sindaco di Torino Paolo Damilano, grande amico di Giorgetti, è stato mal vissuto nel partito e anche un “moderato” come il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari è andato all’attacco: «La riconoscenza è la virtù del giorno dopo».

Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram, basta un clic QUI

Salvini, come detto, non esterna le sue amarezze, ma non può non aver notato che quando tutti lo attaccavano per la trasferta moscovita incombente, nessuno dei suoi lo ha difeso. Anzi qualcuno, Giorgetti, lo ha richiamato all’ordine, invitandolo a «concordare con il governo», le sue mosse. Ultima di una serie di dichiarazioni giudicate ostili che nel partito qualcuno colleziona come prova di assenza di gioco di squadra. Il segretario è cosciente che molte perplessità intorno alla sua azione diplomatica siano state generate dalle dichiarazioni dal suo consulente Antonio Capuano, ma ritiene che il problema si supererà.

Ma se una leadership di fatto senza avversari ora pare vacillare, è il momento di passare al contrattacco. E così i dirigenti più legati a Salvini presentano il conto: Giorgetti da capodelegazione nel governo non avrebbe sostenuto la linea del segretario, in particolare sui decreti Covid, con le cabine di regie disertate e le poche obiezioni davanti alle richieste di Draghi che confliggevano con quelle del partito. Critiche che coinvolgono anche Massimo Garavaglia che da ministro del Turismo ha scritto un emendamento sui balneari che, almeno all’inizio, sembrava non il linea con le posizioni del Carroccio.

Claudio Borghi, ex presidente della commissione Bilancio della Camera, non vuole iscriversi al club dei veleni, ma capisce il clima: «In un governo politico, come il Conte 1, un ministro può disinteressarsi del partito. Ma in un esecutivo come questo il loro ruolo deve essere portare la linea del partito nel governo e non il contrario. Il risultato è che abbiamo perso tanti consensi, e che, come nel caso del Green Pass, è stato fatto passare Salvini come isolato e incoerente».

I ministri evitano di rispondere ad accuse che, per ora, non sono formalizzate. Ma si tiene a sottolineare che è illogico contrapporre la fedeltà a Draghi con quella a Salvini e che in questo periodo di crisi ognuno debba fare la sua parte, ovvero lavorare sui dossier, senza cercare polemiche. I ministri insistono spesso sul concetto di «concretezza», caratteristica primaria nel dna della Lega, almeno di quella delle origini. Un esempio: mancano lavoratori per il turismo? Si fa un decreto flussi, come proposto da Garavaglia. Difficile spiegarlo in un comizio, ma la Lega è anche questo.