L’allarme del sindaco di Lampedusa: “Noi dimenticati, i nostri non sono profughi di serie B”

“Ormai di Lampedusa non importa nulla a nessuno”. Il sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, cerca di rompere il silenzio dopo gli ultimi giorni di sbarchi che hanno fatto piombare di nuovo l’isola nell’emergenza. Nell’hotspot ci sono più di 700 persone, su 300 posti disponibili, ma gli appelli del primo cittadino non vengono ascoltati: “Siamo caduti nel silenzio, tutti sono concentrati sul nord dell’Europa mentre a sud siamo stati dimenticati – spiega – Si è riusciti a fare una discriminazione sulle emergenze e sui rifugiati. Dei rifugiati che arrivano qui non importa più a nessuno. L’Europa è pronta a dare miliardi, a prendersi cura dei rifugiati, ma solo dei rifugiati ucraini”.

Nel primo weekend di vento favorevole e di mare calmo gli sbarchi sono ricominciati senza sosta: solo tra sabato e domenica sono arrivate 11 diverse imbarcazioni, più di 800 persone che scappano da guerra e fame, ma secondo il sindaco le guerre del profondo Sud sono meno importanti di quella che provoca morti nel cuore d’Europa. “Non si può parlare soltanto della guerra tra Ucraina e Russia – dice – anche l’informazione non considera più un’emergenza che qui c’è sempre stata da venti anni”.
Sull’isola è intanto pronta a tornare una delle navi quarantena per svuotare l’hotspot di contrada Imbriacola, già pieno dopo appena due giorni di sbarchi, per una estate che si attende di nuovo complicata per la piccola isola, considerata la crisi economica mondiale che ha fatto aumentare il numero di coloro pronti a lasciare i paesi africani per cercare migliore fortuna. Gli ultimi arrivati giungono anche da Egitto e dal Bangladesh, sull’isola che non fa discriminazioni ed è pronta ad accogliere coloro che vengono salvati in mare dopo lunghe traversate su mezzi di fortuna: “In venti anni abbiamo avuto mezzo milione di persone che sono transitate qui ma questo problema non si è mai affrontato in maniera seria come tutto il mondo sta facendo con l’Ucraina. È brutto da dire ma ci sono differenze anche tra i rifugiati”.