L’abbraccio del Papa all’islam: “Ecco cosa accadrà all’Europa”

 

Sette anni di pontificato per cambiare i rapporti tra il cattolicesimo e le altre confessioni religiose. Papa Francesco, in questo primo settennato, ha inciso anche su questo aspetto. L’islam non è più un avversario. A guardar bene, per il cristianesimo contemporaneo non lo è mai stato. Almeno quello moderato. Ma ora sembra si stia procedendo verso una sorta di “alleanza” tra le gerarchie ecclesiastiche del Vaticano e quelle musulmane visto che Jorge Mario Bergoglio è per il dialogo interreligioso.

La frangia tradizionalista è contraria a qualunque appiattimento. In principio, sembrava che il centro delle rimostranze fosse la “protestantizzazione” della Chiesa cattolica, con la presunta commissione istituita per arrivare ad una Messa ecumenica (un rito che andasse bene a tutti i cristiani), con il resto delle diatribe dottrinali. Poi, nel tempo, anche lo sviluppo di relazioni tra la religione musulmana e quella cattolica è divenuta oggetto di malcontento da parte degli ambienti conservatori.

Il punto più alto della dialettica tra cristianesimo e religione musulmana è stato raggiunto con la dichiarazione di Abu Dhabi. Il “Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune” è stato criticato, come spesso accade in relazione al pontefice argentino, dai cattolici più conservatori. Era il febbraio del 2019. Il principale problema posto riguardava l’equiparazione gerarchica tra cattolicesimo ed islam: i tradizionalisti affermano che non può esserci parità. E che la “diversità delle religioni” non può aver avuto luogo per via della volontà divina. Una lettura certosina è stata fornita ai tempi dal vescovo Ahtanasius Schneider.

Il problema del “futuro dell’Occidente”

Sono due i temi del ministero di Francesco che si intersecano e offrono il fianco alle critiche della parte più conservatrice della Chiesa di Roma- L’immigrazione come uno strumento per una modifica profonda delle radici della società. E l’islam come nuova prospettiva cui guardare per l’Occidente. Un avvenire che i cattolici tradizionalisti – non è un mistero – vorrebbero evitare, per non dire scongiurare ad ogni costo. Una delle situazioni più indagate è quella francese, dove l’humus della civiltà sembra essere stato modificato dai tempi: le statistiche non fanno che raccontare una crescita dell’islam. Un fenomeno inverso, invece, riguarda il destino del cattolicesimo d’Oltralpe, con sempre meno battezzati. Quale sarà l’Europa del futuro? Se lo chiedono un po’ tutti, compresi i critici del pontefice. I numeri, al momento, sono lì che ballano. Ma scandalizzarsi per la secolarizzazione, e magari per la conseguente ricerca di altre identità religiose da parte degli europei, significa spesso essere politicamente scorretti. Rappresenta un tabù, forse, sostenere che il Vecchio continente possa divenire a maggioranza islamica nel corso dei prossimi secoli.

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Le cifre però sono lì anche per essere interpretabili. Lo stesso Schneider, in un’intervista rilasciata a IlGiornale.it, aveva anche espresso questa posizione sul tema della gestione dei fenomeni migratori: “Il fenomeno della cosiddetta ‘immigrazione’ rappresenta un piano orchestrato e preparata da lungo tempo da parte dei poteri internazionali per cambiare radicalmente l’identità cristiana e nazionale dei popoli europei. Questi poteri usano l’enorme potenziale morale della Chiesa e le loro strutture per conseguire più efficacemente il loro obiettivo anti-cristiano e anti-europeo. A tale scopo si abusa il vero concetto dell’umanesimo e persino il comandamento cristiano della carità”. E l’identità, in questo caso religiosa, è anche il convitato di pietra delle vicissitudini attorno alle forme di dialogo da adottare con la religione musulmana. Tra i due fenomeni esiste un link, un collegamento. Il “fronte tradizionale” non ha dubbi.

La storica svolta di Abu Dhabi

Perché tra i tradizionalisti circolano tutti questi allarmismi per la dichiarazione congiunta di Abu Dhabi? Nel testo, che Francesco ha firmato con l’ima di Al-Azhar, c’è scritto anche quanto segue: ” Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”. Ecco, quel “pluralismo delle religioni” rappresenta l’espressione che i cattolici tradizionalisti proprio non digeriscono. Al di là del comune appello contro il terrorismo, in quel documento c’è scritto, nero su bianco, che la diversità tra cristianesimo ed islam dipende da Dio. E certi emisferi cattolici eccepiscono quanto sedimentato nella dottrina, ossia che che il cristianesimo sia l’unica confessione religiosa strettamente dipendente dal volere dell’Alto.

C’è un cambio di rotta rispetto al pontificato precedente? Lo abbiamo domandato al professor Renato Cristin, che è ordinario di ermeneutica filosofica presso l’Università di Trieste: “Ratzinger – ha esordito il professore – è il Papa del discorso di Regensburg, di un confronto con l’islam fondato sull’affermazione dell’identità cristiana e occidentale; mentre Bergoglio è il Papa del discorso di Lampedusa, di un’apertura illimitata all’alterità e di un abbandono dell’identità. Nella distanza simbolica fra Regensburg a Lampedusa – ha continuato Cristin – si misura la differenza di atteggiamento verso l’islam: da un lato consapevolezza di sé e distanza, pur nel dialogo, rispetto al mondo islamico; dall’altro lato abdicazione alla propria identità e atteggiamento rinunciatario verso l’islam, che nella sua essenza è una religione totalitaria”.

Il ruolo del multiculturalismo nel processo d’avvicinamento

Per multiculturalismo va intesa la tendenza alla ricerca di un altro pluralismo, quello delle culture. Una “società aperta” le dovrebbe recepire, sino a renderle compatibili. Anche qui: i tradizionalisti pensano che l’identità dei popoli, a questa maniera, sia destinata a svilirsi, per poi essere cancellata. Sempre Cristin ha idee piuttosto nette in merito.

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E il pontefice della Chiesa cattolica, sostenendo la bontà del multiculturalismo, asseconderebbe un certo tipo di processo: “La teologia politica di Papa Bergoglio esprime un sincretismo spirituale e culturale sostanzialmente estraneo alla tradizione cattolica, come si vede per esempio dall’esortazione apostolica Querida Amazonia, che finisce per stemperare l’identità cristiana in concezioni indigeniste e panteistiche, estranee e per molti versi ostili alla tradizione cristiana”, ha affermato il professore, per via dei quesiti che gli abbiamo sottoposto.

E con il macro-tema del multiculturalismo, che sarebbe sinonimo di accoglienza e pacificazione, come la mettiamo? “Nella medesima prospettiva, Bergoglio ha adottato l’ideologia multiculturalista, come logica conseguenza sul piano socioculturale di quell’intreccio sociopolitico fra cristianesimo e marxismo praticato dai teologi della liberazione e più in generale da tutti coloro che definiamo catto-comunisti. E’ un fatale errore scambiare il multiculturalismo per interculturalità, come lo è snaturare l’identità del cristianesimo per il miraggio di un dialogo con l’islam”, ha chiosato il professore.

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Ma un andazzo così avrà pure un’origine filosofico-culturale, o no? “Bergoglio – ha tuonato Cristin – non ha interesse, né spirituale né politico, per l’Europa e per la sua identità, e ha trasformato il giusto universalismo della Chiesa in un cosmopolitismo globalista in cui l’identità è un fardello di cui bisogna sbarazzarsi, per concretizzare la visione terzomondista e antioccidentale. Questa è la premessa culturale del suo avvicinamento all’islam, fondato su una fallacia e su una semplificazione”. Un “avvicinamento” che passa anche per iniziative comuni.

L’impegno comune di Francesco e dell’imam di Al-Azhar

La domanda sul dove risieda questa “fallacia” viene naturale. E Cristin replica: “La fallacia: che la civiltà occidentale debba sciogliersi nell’indistinto multiculturale e multireligioso, e che la religione cristiana e quella musulmana possano collocarsi sullo stesso piano, mentre in realtà esse hanno così pochi punti di contatto che hanno bisogno di essere cercati razionalmente, più che spiritualmente. La semplificazione: Bergoglio – continua il professore – chiede giustamente reciprocità per quanto riguarda il culto cristiano nei paesi musulmani, ma ciò non è più sufficiente, perché la reciprocità deve oggi andare al di là della libertà di culto, ed esigere dagli islamici in Europa integrazione piena, osservanza totale delle regole sociali e rispetto formale delle nostre tradizioni. Questo è ciò che Bergoglio non fa e non vuole fare”.

Il punto di vista di Cristin è chiaro. Ma il Papa non sembra avere intenzione di cambiare rotta. Anzi, gli abbracci nelle occasioni pubbliche tra Bergoglio e l’imam di Al-Azhar sembrano essere il preludio ad una serie di proposte che già sono state inoltrate agli organi competenti. La prima, la più importante, è stata rivolta all’Onu e punta a far sì che ogni 4 febbraio ricorra la “Giornata della Fratellanza Umana”, sulla scia della dichiarazione di Abu Dhabi. E l’Onu, stando a quello che si è appreso sino ad ora, dovrebbe essere disposto al via libera.

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