La “pugnalata” sulle pensioni. Il taglio è una botta: quanto si perde davvero

 

Le pensioni continuano la loro inesorabile discesa. L’ultima mossa del governo che con sole 3 parole ha di fatto rinviato all’1 gennaio del 2023 l’adeguamento pieno degli assegni previdenziali al costo della vita cambia ancora una volta lo scenario delle tasche di milioni di pensionati.

Ricordiamo, per essere chiari, che con la precedente manovra era stato stabilito un ritorno ad una rivalutazione più generosa dall’1 gennaio 2022. Poi la manina dell’esecutivo giallorosso ha spostato all’1 gennaio 2023 l’adeguamento. Ma il blocco della perequazione va avanti da diversi anni e gli effetti sul portafoglio previdenziale si fanno sentire. Fino al 2019 la perequazione degli assegni era prevista in questo modo: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Con la legge di Bilancio dello scorso anno, le pensioni fino a quattro volte al minimo hanno avuto un adeguamento al 100%. Una mancia dato che la soglia di partenza era al 97%. Detto questo e considerando altri due anni pieni di perdite per i pensionati proviamo a fare qualche calcolo su quanto hanno perso i pensionati in tutti questi anni.

Conte ha tagliato le pensioni usando solo queste 3 parole

Negli ultimi 8 anni proprio grazie al freno sulle rivalutazioni si calcola una perdita totale media di circa 1000 euro l’anno. Come aveva sottolineato la Uil qualche tempo fa per un pensionato che percepisce un reddito da 1.568 euro l’anno, la perdita si traduce in un ammanco secco di 960 euro all’anno. Più aumenta l’importo e più si fa pesante lo scippo. Per chi percepisce circa 1.960 euro al mese lordi si registra una perdita di 1.490 euro l’anno. Si tocca poi la cifra record di 7.190 euro l’anno per chi ha una pensione di 4.560 euro mensili. Si tratta di un calcolo che svela in tutto e per tutto la grande sforbiciata che milioni pensionati, nel silenzio della politica, hanno dovuto subire. L’ultimo adeguamento si è registrato nel 2011. Poi il buio: una perdita costante che è arrivata ad ammontare a circa 75 euro al mese. In questo contesto di sforbiciate va anche sottolineata la situazione che riguarda i pensionati che percepiscono un importo alto. La Consulta ha bocciato il contributo di solidarietà lungo cinque anni per gli assegni d’oro. Parliamo di pensioni che superano i 100mila euro annui ma perfettamente in regola con i diritti previdenziali e con i contributi versati. In questo caso la Consulta ha deciso che la sforbiciata inizialmente prevista per 5 anni è stata ridotta a 3 anni. Resta inoltre anche per questo tipo di assegni il blocco sulle rivalutazioni.

Il governo taglia le pensioni. Come cambiano gli assegni

Gli effetti di queste manovre si sentono soprattutto nel medio-lungo periodo. L’ammanco col passare degli anni si fa sempre più pesante e va ad erodere in modo consistente il potere di acquisto. L’esecutivo giallorosso dunque con un piccolissima modifica apparsa nell’ultima bozza della manovra che certifica la poca volontà del governo di dare fiato alle tasche dei pensionati provati dalla crisi Covid e che spesso sono uno dei principali motori dell’economia italiana dato che anagraficamente siamo un paese sempre più anziano.

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