La Pearl Harbor di Mosca: Putin minaccia, “tutte le opzioni sul tavolo”. Paura nucleare
Il conflitto tra Russia e Ucraina si trova oggi in una fase di tensione senza precedenti, con segnali che fanno temere un possibile allargamento della crisi a livello globale. Un attacco senza precedenti, rivendicato da Kiev, ha colpito al cuore delle strutture strategiche russe, mettendo in discussione l’equilibrio di potere e riaccendendo le paure di un’escalation nucleare.
L’attacco e le sue conseguenze
Dopo diciotto mesi di pianificazione, le forze ucraine hanno condotto un’operazione audace, impiegando droni e mezzi stealth per colpire basi strategiche in Artico, Siberia e nell’area centrale della Russia. Decine di bombardieri nucleari, tra cui almeno 40 Tu-95 e Tu-160, sono stati messi fuori uso, compromettendo la capacità di Mosca di lanciare missili nucleari con testate di grande potenza. La perdita di questi mezzi rappresenta un danno operativo e simbolico di enorme portata, stimato in oltre cinque anni di lavori di ripristino e investimenti superiori ai 7 miliardi di euro.
L’evento è stato immediatamente paragonato a “Pear Harbor” da alcuni analisti militari russi, sottolineando la portata storica e simbolica dell’attacco. La capacità di eludere le difese radar e di condurre incursioni a migliaia di chilometri dal fronte testimonia un livello di pianificazione e tecnologia avanzata da parte di Kiev.
Le implicazioni militari e nucleari
Il punto più delicato riguarda la dottrina militare russa, che prevede il diritto di rispondere con armi nucleari in caso di attacco alle strutture strategiche. La distruzione parziale delle forze di deterrenza può essere interpretata come un atto che giustifica, secondo Mosca, l’uso di armi nucleari tattiche. Canali Telegram legati all’intelligence russa hanno addirittura evocato l’uso di armi atomiche sul Mar Nero, in particolare sull’Isola dei Serpenti, simbolo di umiliazione militare e altamente sensibile dal punto di vista strategico.
Gli scenari militari prevedono, al momento, un’ escalation convenzionale ad alta intensità: bombardamenti su infrastrutture energetiche ucraine, impiego di armi ipersoniche e nuovi vettori come il missile Oreshnik, già utilizzato in precedenti attacchi. Tuttavia, la possibilità di un’azione nucleare, anche come gesto dimostrativo, rimane sul tavolo, alimentando timori di una crisi nucleare.
Il ruolo della diplomazia e le reazioni internazionali
La situazione si complica ulteriormente a causa della paralisi diplomatica e della mancanza di comunicazione tra le parti coinvolte. La Casa Bianca, secondo fonti occidentali, non sarebbe stata informata preventivamente dell’operazione da parte di Kiev, lasciando gli Stati Uniti sorpresi e impreparati. Donald Trump, rieletto alla Casa Bianca, ha scelto di non commentare pubblicamente, mentre l’Unione Europea si mostra divisa: Parigi e Berlino chiedono un contenimento immediato, mentre Varsavia e Vilnius sostengono che l’attacco rappresenta una risposta legittima all’aggressione russa.
Mosca, dal canto suo, ha immediatamente puntato il dito contro l’Occidente, sostenendo che l’attacco sarebbe stato orchestrato dall’Alleanza Atlantica nel suo complesso, con l’obiettivo di internazionalizzare il conflitto.
Le parole di Zelensky e il rischio di escalation
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rivendicato apertamente la responsabilità dell’operazione, affermando che “la guerra deve tornare in Russia”. Questa dichiarazione, volta a mettere Mosca in una posizione di debolezza, rischia però di innescare una spirale di escalation, con Mosca che potrebbe rispondere con misure più dure per mantenere il controllo interno e l’appoggio dei nazionalisti.
Il ricordo dell’autunno 2022, quando un fronte occidentale compatto dissuase Mosca dall’uso dell’atomica, appare oggi lontano. Le linee rosse sono più labili, e il rischio di una crisi nucleare si fa più concreto, in un contesto in cui le regole del gioco sembrano saltate e la deterrenza si basa sempre più sulla percezione di umiliazione e vulnerabilità.