“Io, cacciata via dai migranti della chiesa di don Biancalani”

 

“Vai via! Esci da qui! Chi sei tu? Non va bene così!”. Grida con aria minacciosa un immigrato africano quando proviamo ad entrare nelle Chiesa di Santa Maria Maggiore, a Vicofaro (Pistoia).

Urla che dobbiamo uscire da lì, che non abbiamo il permesso per riprendere con la telecamera dentro quelle mura e ci segue fino a che non liberiamo la zona.

Attorno a noi, nella penombra, salite le scale che accolgono i fedeli all’ingresso della Chiesa, decine di materassi accatastati sul pavimento ricoprono tutto il perimetro del soppalco che affaccia sull’altare. Vestiti appesi alle ringhiere, distese di coperte sporche e spazzatura dimenticata a terra tra i letti del dormitorio allestito da Don Massimo Biancalani.

Alle 13 di un martedì mattina quello che troviamo entrando nella basilica è un gruppo di ragazzi africani in cerchio inginocchiati attorno ad una pentola con del pollo posizionata sul pavimento a mangiare con le mani come insegna la loro tradizione. Veniamo rincorsi e cacciati via. (Qui il video di Fuori dal Coro)

In quel luogo nessuno può entrare e fare domande. Ormai è diventato casa loro. Una chiesa occupata dove i fedeli si sentono ospiti e i musulmani mangiano, dormono e bivaccano e senza scrupolo mandano fuori chi non è di loro gradimento. Eppure, quegli spazi non sono occupati abusivamente. Ad allestire il teatrino del degrado infatti, è stato proprio Don Massimo Biancalani, il prete dell’accoglienza sregolata che nel suo ultimo libro ammette “disubbedisco e accolgo”. Lui. Lui, che prima di rendere la casa del signore un centro di accoglienza organizzò il coro dei pochi fedeli rimasti, che in cerchio, per la mano, intonavano “Bella Ciao!” “Il Vangelo dice di aiutare, di accogliere e io faccio quello che dice il Vangelo”. Ripete da anni, come un mantra, il prete pistoiese. Eppure nella sua parrocchia ben 130 immigrati vivono in condizioni di completo degrado. Dormono a terra e bivaccano tutto il giorno su sdraio arrugginite nel cortile davanti alla struttura. Se l’aiuto è togliergli dalla strada, di provare ad inserirli nella società, secondo le regole del quieto vivere, non se ne parla. Verrebbe quasi da pensare ad un aiuto di facciata, che per di più viola la legge.

Negli ultimi messi infatti, sono state recapitate a Don Biancalani ben 8 multe per non aver dichiarato all’ufficio immigrazione la presenza di alcuni ragazzi all’interno della sua parrocchia. Secondo le sue dichiarazioni, Biancalani, aveva mandato le richieste alla prefettura. Documenti che non sono mai stati accettati, perché nella parrocchia da tempo era stato raggiunto il numero massimo di immigrati da poter ospitare, secondo le regole sulle norme di sicurezza. Nonostante il “no” delle autorità, i nuovi ragazzi sono rimasti nel centro e questo è costato al Don Massimo 2.704 euro.

“Io sono qui da 8 mesi, non lavoro, il permesso di soggiorno è scaduto”, ci dice un ospite del parroco. “Da sei anni sono in Italia, da un anno abito qui a Pistoia, ma non ho trovato un lavoro”, spiega un amico a fianco a lui. Sì, perché a casa di Don Massimo si può rimanere fin quando se ne ha voglia. Irregolari, senza documenti, facinorosi, maleducati. Chiunque viene accolto. “Lasciano tutto sporco, bivaccano per le strade a tutte le ore del giorno, è diventata una situazione insostenibile”, racconta arrabbiata Claudia, che da anni abita di fronte alla parrocchia. Eppure c’è chi per poter accedere alla Chiesa deve rispettare regole ferree.

“I fedeli per entrare a messa devono indossare la mascherina?”, Chiediamo al parroco quando lo incontriamo nel piazzale. “Certo, – risponde lui – noi rispettiamo le regole anti Covid”. Insomma, due pesi e due misure. I parrocchiani per entrare a fare una preghiera devono indossare la mascherina, sanificare le mani e scavalcare i materassi tra una panca e l’altra. Loro invece, gli immigrati, “figli” di Don Massimo, nello stesso luogo possono fare qualsiasi cosa e tutto, senza mascherina. “E’ casa loro, lei a casa sua mette la mascherina?” Ci chiede ancora il prete. Eppure la basilica di Santa Maria Maggiore ha tutta l’aria di essere un luogo di tutti i credenti, simbolo del cristianesimo e della nostra cultura.

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