Inps, lettere choc a pensionati “Ci devi ridare 29.000 euro”

La pandemia ha letteralmente svuotato le tasche dei pensionati. In tanti hanno duvuto far fronte a spese dei nuclei familiari, di figli rimasti senza lavoro e in tanti come abbiamo spiegato qualche settimana fa, qui su ilGiornale.it, hanno dovuto rinunciare al reddito sicuro che arrivava da qualche immobile in affitto a causa della proroga del blocco sfratti voluta dal governo con scadenza il 31 dicembre 2020.

Ma a minare ulteriormente le tasche dei pensionati è arrivata anche l’Inps. Come se non bastasse già il balletto dell’esecutivo sulle rivalutazioni che mettono a repentaglio gli assegni, sono arrivate pure le lettere choc dell’ente previdenziale che di fatto chiede indietro maxi cifre erogate per sbaglio negli ultimi anni.

Precisiamo subito una cosa: un pensionato che per errore dell’Inps riceve per diverso tempo (per anni) qualche euro in più sulla pensione spesso, contando sulla corretta procedura dell’ente, non si chiede certo il motivo dell’aumento inaspettato e di certo spende quel denaro per diversi motivi: acquisto di una seconda casa, acquisto di un immobile per i figli, contributo alle spese familiari.

Poi arriva la letterina Inps che chiede indietro tutto in tempi relativamente brevi con la proposta di un piano di rientro da concordare entro 30 giorni. Una sequenza di richieste che possono mettere a repentaglio le coronarie di chiunque.

Già perché stiamo parlando di importi da capogiro da un minimo di 1.100 euro fino a bollettini da 29.000 euro. E una lettera del genere in piena pandemia può letteralmente mandare in aria le tasche di un pensionato.

E in questo periodo così duro per milioni di italiani c’è chi è in prima linea per difendere i diritti dei pensionati e di lettere come queste ne ha viste tante.

Le lettere da capogiro

È il caso dell’avvocato Celeste Collovati dello studio Dirittissimo che sta seguendo parecchi ricorsi di diversi pensionati contro l’Inps:

“Queste sviste possono essere di diversa natura: gli errori materiali che riguardano un importo versato dall’Inps superiore a quanto dovuto nel rateo della pensione, errore nell’erogazione della pensione di reversibilità del marito defunto, errori nell’erogazione di una prestazione assistenziale quale l’invalidità.

Sembra strano pensare che l’Inps commetta tali errori considerato che è l’Ente previdenziale stesso che eroga tali prestazioni sulla base di un’analisi preventiva di tutti i requisiti in possesso. Eppure accade spesso anche in questo periodo che, accortasi dell’errore, anche a distanza di anni, l’Inps invii una richiesta di restituzione di un determinato importo creando il panico al povero mal capitato cittadino”.

Ma questa procedura è corretta? L’Inps può davvero chiedere queste cifre indietro? “La procedura per il recupero è regolata dall’articolo 52 Legge 88/1989 e dall’articolo 13 Legge 412/1991: Non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Parole chiare che danno un quadro diverso della vicenda.

E così anche la Cassazione è intervenuta nel merito con un verdetto del 2017: l’ente erogatore, l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l’indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell’interessato”.

Un verdetto che apre un altro scenario: l’Inps non può chiedere le somme indietro per un proprio errore. Ma tanti pensionati, presi dal panico, a volte aprono il portafoglio.

Che cosa fare

E le storie che riguardano questo tipo di restituzioni sono tante, come ci spiega l’avvocato Milani (tuttopensioni@gmail.com), anche lui impegnato in diversi ricorsi: “È ciò che è capitato di questi tempi ad un signore che si è visto arrivare una richiesta di restituzione importi per la somma di Euro 29.231,00 per un ricalcolo della pensione non meglio specificato.

Oppure un’altra cittadina, un’ insegnate, ex dipendente pubblica che ha ricevuto la raccomandata contenente la richiesta di restituzione per l’importo di Euro 8.057,00 per un errore in fase di riliquidazione della pensione di aggiornamento stipendiale”. Ma allora cosa bisogna fare se tra le lettere nella cassetta della posta si trova un avviso di pagamento inviato dall’Inps?

Se il pensionato ha sempre adempiuto agli oneri comunicativi nei confronti dell’ente previdenziale per esempio, inviando le sue dichiarazioni dei redditi, ovvero ha sempre comunicato ogni variazione di reddito, con formale comunicazione da inviare all’Inps, non ci dovrebbero essere problemi, la richiesta si considera illegittima e pertanto impugnabile attraverso un ricorso amministrativo: così scatta l’annullamento. Insomma in tempi di pandemia l’Inps non si fa scrupoli e bussa alle porte dei pensionati. Il tutto per rimediare a propri errori mettendo a rischio le tasche di chi lavorato per una vita…