“Il Covid è meno letale di altre malattie: non si può seminare il panico””

 

La prudenza nei comportamenti di tutti i giorni non deve mancare, ma contemporaneamente non si può fare un ricorso eccessivo agli allarmi in televisione: è di questo parere il virologo Giorgio Palù, che invita al rispetto delle norme vigenti senza però farsi prendere dal panico.

“Purtroppo lo vedo fare in alcune trasmissioni”, ha dichiarato. Il riferimento è al classico appuntamento quotidiano con il bollettino nelle tv riguardo i decessi causati dal Coronavirus che, diramato “in questo modo asciutto e martellante”, rischia di evocare la paura “irrazionale del contagio”. A suo giudizio un certo modo di fare informazione “è diventato virulento, non per nulla hanno coniato il termine infodemia”. Sostiene che si è persa la ragionevolezza, ovvero la capacità di valutare i dati per quello che sono. “La gente ormai pervasa dal pessimismo mi ferma per strada e mi chiede se moriremo tutti di questo morbo”, ha fatto sapere.

Perciò il suo auspicio è che i dati vengano esaminati e presi in considerazione nella giusta maniera. Nello specifico ha parlato dei recenti studi che mostrano come la letalità del Covid-19 oscilli “tra lo 0,3 e lo 0,6%, lontanissima dalla Sars che era al 10%, inferiore persino alle infezioni da batteri resistenti”. Ha dunque invitato gli addetti all’informazione a fornire analisi esaustive, spiegando ad esempio che essere positivo al tampone non significa automanticate essere malato contagioso: “Questa che abbiamo di fronte non è la peste, non sarà un nuovo vaiolo”. A preoccupare gli esperti è la curva dei nuovi contagi che sta mostrando un andamento esponenziale. Tuttavia è necessario fare una precisazione: “Invece di fare proclami evocando futuribili nefasti scenari, facendo credere che prima o poi saremo inesorabilmente tutti infettati, occorre descrivere la situazione oggettiva, e indicare come vogliamo uscirne”.

Come evitare il lockdown a Natale

In questo momento abbiamo 90mila positivi con 5mila degenti in ospedale, corrispondenti al 6%. A marzo e aprile i ricoverati erano il 25%. Molti di questi attualmente hanno sintomi lievi. Altri in terapia intensiva dopo circa una settimana vengono trasferiti perché hanno superato la fase acuta, “segno che abbiamo imparato a fare diagnosi tempestive”. Va inoltre considerato che le cure “sono migliorate grazie a cortisonici, eparine, e un antivirale come Remdesivir, che va somministrato quanto prima”. Ci sono poi i cosiddetti ricoveri sociali, cioè anziani accolti in ospedale con Coronavirus “anche perché vivono soli, e non hanno nessuno che li accudisce”.

Nell’intervista rilasciata a La Nazione, l’ex presidente della Società europea di virologia si è espresso anche sull’ipotesi di un nuovo lockdown sotto il periodo natalizio. Molti si chiedono su quale nodo bisognerebbe intervenire urgentemente per arginare la diffusione del Coronavirus. Le scuole? Non proprio. Sicuramente l’impennata dei contagi dipende essenzialmente dal fatto che ben otto milioni di studenti si sono rimessi in circolazione. Gli istituti però sono molto controllati. La causa del problema va trovata infatti nei mezzi di trasporto pubblico: “Nell’ultimo Dpcm non mi pare che si sia deciso granché. Qui forse la mascherina non basta o devono averla tutti. Vanno favoriti maggiori distanziamenti e ricambi d’aria”. Infine Palù ha spiegato il motivo per cui si dice scettico sul ricorso massiccio al tampone. Effettivamente la domanda è se abbia senso risalire ai contatti dei contatti con il 95% di asintomatici: “Considerato il tempo di incubazione dell’infezione, e i tempi di intervento, lo vedo difficile da realizzare, una volta arrivati, il virus è già saltato da un’altra parte”.

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