“Ha già una poltrona pronta…” Perché può saltare un ministro

Il governo è di fronte a un bivio: o scende a patti con Matteo Renzi oppure si va al voto. La fiducia ottenuta in Senato, infatti, non garantisce al governo Pd-M5S-LeU una navigazione tranquilla.

“Quello che doveva essere uno spartiacque sul nuovo corso del governo si è trasformato in un precipizio”, dice a ilGiornale.it una fonte di maggioranza.

E, se da un lato un big del Pd come Goffredo Bettini, oggi, ha spiegato che sostituire Conte con un altro premier sarebbe“un’operazione che politicamente indebolisce anche il Pd”, proprio nel M5S cresce il malcontento. “Conte ci sta trascinando tutti verso il baratro. Adesso che diventa una questione di sopravvivenza, però, molti di noi si stanno interrogando seriamente sul senso di un sostegno incondizionato al premier. Se allora c’è qualcuno da sacrificare, potrebbe essere Conte”, ci confida una senatrice grillina dietro la garanzia di mantenere il suo anonimato. “Conte non vuole ri-allearsi con Renzi anche se mi risulta che le alleanze le fanno i partiti, non i singoli, di nuovi responsabili al momento neanche l’ombra”, fa eco un deputato grillino che aggiunge: “Il premier non si sporca le mani mettendoci la faccia nell’operazione Udc. Ci sta trascinando verso le elezioni, ma a questo punto noi non ci stiamo”. E, anche su questo tema, Bettini ha ribadito quanto va ripetendo da giorni: “Le elezioni non sono un ‘colpo di Stato’, ma l’ultima risorsa della democrazia. Se non ci sono più strade, allora si torna ai cittadini. Le elezioni non possono essere considerate un colpo di stato. Una sciagura sì, perché dobbiamo tentare di andare avanti fino all’ultimo, ma non senza decapitare il Pd”. Il nodo è sempre lo stesso: meglio riallacciare i rapporti con il leader di Italia Viva o andare in cerca di responsabili che non si trovano? “Più che costruttori, dobbiamo essere sarti: dobbiamo ricucire con Renzi, costi quel che costi”, dichiara con sicurezza il parlamentare Cinquestelle. In casa Pd, invece, oltre al voto anticipato si affaccia un’altra ipotesi: “Il rischio è che se non prendiamo subito una decisione andiamo al governo tecnico, quindi perdiamo anche i singoli ministri. Fermiamoci in tempo”, avrebbe detto un dem alquanto esperto a un suo collega grillino.

La resa dei conti, per il premier Conte, potrebbe arrivare già la prossima settimana, in occasione del voto parlamentare sulla relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il voto in Senato potrebbe slitta di un giorno e tenersi giovedì prossimo. “Lo spostamento – recita la velina – , su cui deciderà una capigruppo di Palazzo Madama, prevista per lunedì prossimo, dovrebbe essere legato a impegni del ministro della Giustizia. Guardasigilli che invece sarà alla Camera alle ore 16, mercoledì 27, come già calendarizzato”. “Cosa si fa per campare anche solo 24 ore in più”, commenta un grillino al primo mandato vicino a Roberto Fico, rendendo ancora più evidente l’ansia che pervade il ministro della Giustizia che ricopre anche il ruolo di capodelegazione del M5S. I numeri non sembrano essere dalla sua parte: il centrodestra e i renziani sono intenzionati a votare contro di lui. Ma non solo. Anche la neo-responsabile Sandra Lonardo Mastella, in ben due interviste, ha espresso tutte le sue perplessità “a cominciare dalla riforma della prescrizione”, tanto cara al Movimento. Ecco, dunque, che a sorpresa la nostra fonte dichiara: “Bonafede ormai è out, per lui si parla di un’altra poltrona fuori dal governo, una nomina. Mi dicono si sia già raggiunto l’accordo per Andrea Orlando al suo posto”.

Nel frattempo è iniziata la girandola dei nomi che dovrebbero far parte di un ipotetico nuovo governo. “Il movimento è deciso ad andare avanti con o senza Conte. Basta che nn si vota”, è il refrain in casa Cinquestelle dove viene smentita anche l’eventualità che il premier possa fare un suo partito. “Conte, se cade, non farà nulla. O meglio, farà riserva della Repubblica”, ci dicono. Il premier, come abbiamo scritto in questi giorni non è più insostituibile, nonostante un esponente di punta del governo, come Riccardo Fraccaro, continui a sostenere il contrario. Anzi, potrebbe essere proprio lui a dover lasciare il suo posto. La sua poltrona è ambita sia dall’attuale ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sia dal Pd che vorrebe piazzare lì Goffredo Bettini. Manovre, congetture e incastri di potere che proseguono indisturbate nella convinzione che “tanto non si va veramente a votare”. Ma qualcuno sembra già affilare le armi.