Giulia Tramontano, la confessione di Impagnatiello: “Allora ero confuso, adesso sono cambiato”

Come per una beffa del destino, il giorno del primo anniversario della morte di Giulia Tramontano, è quello in cui l’assassino reo confesso parlerà in aula. È in corso l’udienza del processo a carico di Alessandro Impagnatiello, che dovrà spiegare perché ha ucciso la sua compagna, incinta al settimo mese del loro figlio Thiago. Il 30enne, che ha ucciso Giulia con 37 coltellate e per mesi ha dato veleno per topi e ammoniaca alla donna che stava per renderlo padre, è accusato di omicidio aggravato (dai futili motivi, dal vincolo della convivenza, dalla crudeltà e dalla premeditazione), occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza per cui rischia l’ergastolo.

“Non ero lucido, sono cambiato”

“La persona che ero in quel periodo non è quella di oggi. Questo processo mi sta aiutando a mettere a posto dei punti che avevo sparsi, dei tasselli confusi. Ora posso parlare della reale verità, oggi sono una persona lucida”. Queste le prime parole pronunciate da Impagnatiello, riportate dai principali quotidiani online. “Mi sono reso conto – ha aggiunto – di aver costruito un immenso castello di bugie in cui io stesso sono annegato”. Rispondendo, poi, a una domanda precisa, ha ammesso di aver ucciso Giulia e di aver occultato il cadavere.
Il barman ha inoltre affermato: “A. sapeva della presenza di Giulia fin dal primo incontro fisico, così come tutti i miei colleghi. A inizio 2023 dissi ad A. che la relazione con Giulia si stava interrompendo anche se mantenevamo contatti per la casa. Era una bugia. Era una bugia anche quella che dissi ad A. sul viaggio a Ibiza. Sulla gravidanza di Giulia dissi ad A. che io non ero il padre del bambino, ma lo era una persona a me sconosciuta, non ricordo i particolari che le avevo raccontato. Forte della gravidanza di Giulia, per continuare a mantenere le due strade aperte, dissi ad A. che continuavo a stare vicino a Giulia per il suo stato psicologico instabile. Riferivo ad A. che Giulia aveva difficoltà”. Il pm ha quindi chiesto e precisato: “Sa che questo a confuso le indagini almeno per le prime ore?”. Il trentenne ha risposto: “Sì, ma non era mia intenzione”

Nel frattempo, le ricerche sul cellulare di Impagnatiello, restituiscono dettagli raccapriccianti. Da dicembre del 2022, cioè sei mesi prima dell’omicidio di Giulia Tramontano, fino a pochi giorni prima del delitto del 27 maggio 2023, è stata trovata una ricerca non databile con le parole chiave ‘ammoniaca feto’, mentre dal cellulare della vittime emerge come già il 9 dicembre del 2022 Giulia scrive al compagno e alla madre come l’acqua appena comprata avesse il sapore di ammoniaca. A metà dicembre la giovane scrive a mamma Loredana: «Gran bruciore di stomaco» e ancora «Stanotte lo stomaco mi ha ucciso…” e a marzo la vittima cerca online “rimedi per mal di stomaco in gravidanza”. Ammoniaca di cui l’ex barman alla sbarra si assicura che sia inodore e insapore. A partire dall’11 dicembre del 2022 l’imputato cerca, tramite motore di ricerca, “veleno topi incinta” oppure ‘veleno topi gravidanza’, un’altra ricerca non datate riguarda le parole ”uccidere feto”. Il 7 gennaio del 2023 Impagnatiello guarda la pagina ”quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona”, veleno che sarebbe stato somministrato in bevande calde e la cui presenza viene rilevata dall’autopsia. E ancora, ricostruisce in aula uno dei carabinieri che ha fatto le indagini, il 5 marzo Impagnatiello cerca “veleni mortali fatta in casa” e il 13 maggio, pochi giorni prima dell’omicidio, fa ricerche sull’ingerimento di veleno. Ma non solo: tra i particolari emersi in aula, ce n’è uno che riguarda la passione per il calcio di Impagnatiello. Dopo aver ucciso con 37 coltellate la compagna, il giovane esce dalla loro abitazione di Senago e va sotto casa della donna con cui aveva una relazione parallela. Nell’attesa guarda gli orari del tram, sa che la giovane usa i mezzi pubblici (l’incontro non ci sarà mai), ma col cellulare guarda anche “la sintesi della partita Inter-Atalanta”. E’ uno dei particolari che emerge in aula dalla testimonianza di uno dei carabinieri che ha lavorato all’indagine.