Giulia Rigon massacrata e uccisa dal fidanzato: per lui niente ergastolo

 

Ventuno anni di carcere e 600mila euro di risarcimento danni sono stati inflitti a Henrique Cappellari, un 30enne di origini brasiliane, condannato per l’omicidio della fidanzata Giulia Rigon. L’omicidio brutale, avvenuto il 19 dicembre 2021 all’interno di un camper a Bassano del Grappa, ha scosso l’opinione pubblica, soprattutto in occasione dell’8 marzo, giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. La Corte d’assise di Vicenza, presieduta dal giudice Lorenzo Miazzi, ha deciso per una pena severa, sebbene non sia stata accolta la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dall’accusa.

Giulia uccisa da violenze indicibili: il torace sfondato dalle botte

La giovane Giulia Rigon, originaria di Asiago, è stata vittima di una violenza estrema che ha portato alla sua morte per insufficienza respiratoria causata dallo sfondamento del torace. Il pubblico ministero Alessia Grenna ha descritto Cappellari come colui che “ha massacrato Giulia di botte” con un’aggressione tanto violenta da concludersi con la morte della trentunenne.

Nonostante le accuse, Cappellari ha sempre proclamato la propria innocenza, sostenuto dal suo legale, l’avvocato Dario Lunardin. Al contrario, l’accusa, rappresentata dalle pm Serena Chimichi e Alessia Grenna, ha evidenziato la premeditazione e la brutalità dell’atto, che hanno portato alla richiesta di ergastolo.

Il dolore della famiglia per l’ergastolo evitato

La famiglia di Giulia, rappresentata dall’avvocato Antonio Marchesini, ha espresso aspettative di chiarezza sulla sentenza, pur rimanendo delusa dalla mancanza di collaborazione da parte dell’imputato. La difesa ha invece proposto una narrazione alternativa, suggerendo che Cappellari avrebbe trovato Giulia già morta al suo ritorno nel camper, ipotizzando una caduta accidentale come causa del decesso.

Elementi cruciali nella ricostruzione dei fatti sono stati le tracce di sangue rinvenute sia all’interno del camper che nel parcheggio adiacente, a indicare la scena di un violento confronto. Le incongruenze tra l’orario stimato della morte e l’allarme dato solo il giorno successivo, unitamente alle condizioni del cadavere, hanno alimentato dubbi sulla dinamica dell’accaduto.