Giorgia Meloni non ritira le schede ai referendum: bufera politica e accuse di sabotaggio
La premier Giorgia Meloni ha annunciato pubblicamente che si recherà ai seggi l’8 e 9 giugno per esercitare il diritto di voto, ma con una decisione che ha immediatamente scatenato un vespaio di polemiche: non ritirerà le schede relative ai referendum su lavoro e cittadinanza. Un gesto che, secondo molti, potrebbe essere interpretato come una forma di astensione simbolica, volta a non contribuire al raggiungimento del quorum del 50% più uno, necessario per la validità delle consultazioni referendarie.
La dichiarazione di Meloni – “Vado a votare, ma non ritiro le schede” – ha suscitato reazioni dure da parte dell’opposizione e di numerosi esponenti politici, che accusano la premier di voler sabotare il voto popolare. La leader del Partito Democratico, Elly Schlein, ha commentato: “Meloni prende in giro gli italiani dicendo ‘vado a votare ma non voto’. Ha paura della partecipazione, teme il quorum perché è contraria a contrastare la precarietà e migliorare la legge sulla cittadinanza”. Schlein ha anche criticato la scelta di Meloni di esprimersi in questo modo durante le celebrazioni della Festa della Repubblica, sottolineando come avrebbe potuto almeno dichiarare un voto esplicito contrario.
Le reazioni sono state molteplici e dure. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha definito “vergognoso” il comportamento della premier: “Non è libero chi non può difendersi da licenziamenti e sfruttamento. Il 2 giugno del 1946 si votò per la Repubblica. Oggi Meloni manda un messaggio di disimpegno e paura del voto”. Anche Chiara Appendino (M5S) e Angelo Bonelli (Alleanza Verdi-Sinistra) hanno criticato duramente questa strategia, parlando di “sabotaggio istituzionale” e invitando i cittadini a partecipare comunque alle urne, ritirando le schede per esprimere un parere chiaro.
Nicola Fratoianni e Riccardo Magi hanno invece definito il gesto come una “pantomima vergognosa” e un messaggio “furbo ma falso”, rispettivamente, sottolineando l’importanza di difendere la democrazia attraverso la partecipazione attiva. Magi ha anche evidenziato come questa scelta sia particolarmente grave nel giorno del ricordo del Referendum del 1946, simbolo della nascita della Repubblica Italiana.
Dal punto di vista legale, la normativa italiana prevede che se un elettore non ritira le schede, non viene considerato tra i votanti e quindi non contribuisce al quorum. Se invece le schede vengono ritirate e restituite senza essere inserite nella cabina, si considera comunque la partecipazione, ma con scheda annullata. Questa norma permette agli elettori di esprimere un’astensione “parziale” o “totale”, a seconda delle schede che decidono di accettare o rifiutare.
Il gesto di Meloni si inserisce in un contesto politico già molto teso, con cinque quesiti referendari sul tavolo riguardanti lavoro, precarietà e cittadinanza. La sua scelta di non partecipare attivamente potrebbe alimentare ulteriori tensioni e mobilitazioni popolari, rendendo le giornate dell’8 e 9 giugno decisive non solo per il risultato dei quesiti, ma anche per il segnale politico che cittadini e istituzioni sceglieranno di dare.