GENITORI DISTRUTTI PER L’ASPETTO DEL PROPRIO PICCOLO, QUELLO CHE SCOPRONO I MEDICI È AGGHIACCIANTE

E’ proprio vero che il parto è il più grande appuntamento al buio. Lo si attende con trepidazione e ognuna vive l’esperienza della maternità come meglio lo ritiene opportuno. Ogni gravidanza è a sé, non bisogna mai generalizzare.

Per alcune donne la gestazione procede serenamente, continuando a far tutto, seppur con le dovute attenzioni atte a salvaguardare il piccolo in grembo; per altre possono esserci degli ostacoli che mettono in ansia la futura mamma.

Ci sono dei casi in cui è facile cedere alla disperazione ed è per questo che alcune mamme decidono di raccontare la loro esperienza, allo scopo di tranquillizzare chi si trova, su per giù, nelle loro stesse condizioni.

Non è facile , ma la forza la si deve trovare. Per il resto, bisogna confidare in una buona dose di fortuna e, ovviamente, nell’operato dei medici. E che dire dei bimbi guerrieri?

Ce ne sono tanti, sparsi per il mondo. Parliamo di tanti piccoli scriccioli che si aggrappano saldamente alla vita, lottando pur di uscirne salvi. Il racconto di una giovane mamma è davvero commovente e carico di speranza. Vediamo insieme cosa è accaduto.

Il racconto di una donna italiana, da poco mamma, vuol dare speranza a qualcun’altra che, come lei, si è trovata ad affrontare una situazione simile. Esattamente a 29 settimane, verso le 21:30 di sera, la protagonista si è recata in ospedale per richiedere un certificato di maternità, in quanto la sua ginecologa di fiducia non l’aveva risposto al cellulare. Quando lo ha fatto, non essendo di turno, l’ha mandata da una sua collega.

Nel corso dell’auscultazione del battito del piccolo in grembo , la dottoressa le ha detto: “Da quanto tempo non ti controlli?” Parole raggelanti che hanno segnato l’inizio di un incubo durato ben 4 mesi. La specialista aveva trovato qualcosa che non andava, dicendole che avrebbe avvisato lei la sua ginecologa . Nel contattare quest’ultima, il 30 dicembre, senza darci più di tanto peso, in quanto era presa dal clima festoso, le disse semplicemente di recarsi da lei il 2 gennaio.

Immaginiamo l’animo di questa futura mamma. Un mix di angoscia, ansia, apprensione, lacrime, disperazione, hanno preso il sopravvento, mentre comunque l’angel sound la tranquillizzava sui battiti del nascituro. Il 2 gennaio, recandosi a visita, la sua ginecologa, dalle ecografie, ha comunicato ai futuri genitori che il problema era molto grave, in quanto il piccolo aveva un’ascite, prescrivendo alla donna degli esami, oltre ad un’ ecografia di secondo livello. Il 5 gennaio, il medico le comunicò che il piccolo sarebbe dovuto nascere il giorno dopo, in quanto lei aveva un ‘polydramnios severo’, ossia il liquido 3 volte al di sopra della norma che le causava difficoltà di respirazione e nel deglutire. Attraverso una serie di conoscenze, la protagonista è stata ricoverata in un ospedale a 150 km da casa, dove suo figlio nacque 10 giorni dopo, seppur prematuro di 7 settimane.

Sin da subito, un neonatologo le fece intuire la gravità della situazione e che il bimbo non ce l’avrebbe fatta, presentando un’ascite congenita di cui non si capiva la natura. Nel vederlo per la prima volta, era piccolo, gonfio, indifeso, pieno di cannule, intubato. Una sofferenza immane vederlo così, peraltro trovandosi a così tanti chilometri di distanza dalla figlioletta primogenita. Dopo un mese la mamma ha potuto prenderlo in braccio e dopo quasi 2 mesi è stata la volta di dire addio all‘incubatrice. Ma i problemi non erano finiti. Il bimbo, infatti, aveva la stenosi ipertrofica del piloro, una malrotazione intestinale e due ernie che si andavano ad aggiungere ad un’ascite chilosa congenita e a un ipotiroidismo.

Altri due mesi di ricovero e a Roma, in cui venne eseguita una linfografia a scopo terapeutico per chiudere il sistema linfatico, seguita dall’operazione di stenosi del piloro e malrotazione intestinale. Come se tutto questo calvario non era abbastanza, a complicare l’intero quadro, un batterio contratto dal piccoletto, guarito con antibiotici. Dopo 108 giorni, finalmente, la notizia sperata: quella delle dimissioni. Dopo 4 lunghi interminabili mesi, mamma e bimbo hanno potuto varcare la porta della loro casa, ricomponendo la famiglia. Tra visite varie, psicomotricità, neuromotricità, day hospital per la tiroide, tutto si è normalizzato per la gioia di mamma, papà e sorellina. Le condizioni di salute sono migliorate e il piccolo grande guerriero è socievole e sorridente. Un racconto davvero toccante che invita tutte le mamme che si trovano in condizioni simili a non perdere mai la speranza.