Garlasco, la Procura generale vuole la revoca della semilibertà a Stasi: ricorso in Cassazione

La Procura generale di Milano ha presentato un ricorso in Corte di Cassazione per chiedere l’annullamento del provvedimento con cui il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha concesso la semilibertà ad Alberto Stasi, condannato a 16 anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.

Il ricorso è stato motivato da un episodio avvenuto durante un permesso premio per motivi familiari, durante il quale Stasi ha rilasciato una lunga intervista al programma televisivo Le Iene, trasmessa il 30 marzo 2025. Secondo la Procura, Stasi avrebbe dovuto richiedere una specifica autorizzazione per poter partecipare alla trasmissione e rendere dichiarazioni pubbliche, trattandosi di un detenuto in regime carcerario. La mancata autorizzazione costituirebbe, secondo l’accusa, una violazione delle prescrizioni previste dalla legge.

Le parole di Stasi a Le Iene

 

L’intervista ha suscitato numerose polemiche. Vediamole nel dettaglio e cosa potrebbe succedere ora.

In quell’occasione, Stasi aveva dichiarato: “Gli innocenti non scappano. Sto vivendo tutto questo con fiduciosa attesa, anche per Chiara”. Parole che hanno riaperto il dibattito su una delle vicende giudiziarie più controverse degli ultimi vent’anni. Stasi si è sempre proclamato innocente, nonostante la condanna definitiva della Cassazione nel 2015.

Il Fatto Quotidiano riporta che il Tribunale di Sorveglianza ha concesso la semilibertà lo scorso 11 aprile, evidenziando il comportamento esemplare del detenuto nel corso degli anni. Il provvedimento consente a Stasi di uscire dal carcere di giorno per lavorare e partecipare a programmi di reinserimento, con obbligo di rientro serale presso il carcere di Bollate.

La posizione della Procura generale

alberto stasi chiara poggi

La sostituta procuratrice generale Valeria Marino si è opposta sin dall’inizio alla concessione della semilibertà. Nonostante le relazioni positive ricevute dagli operatori del carcere, la pg ha chiesto di non accogliere la richiesta, o in subordine, di sospendere il procedimento per effettuare ulteriori accertamenti. Il fulcro della contestazione è l’intervista rilasciata senza autorizzazione e in un contesto ritenuto incompatibile con la concessione del beneficio.

Secondo la Procura, la partecipazione di Stasi a un programma televisivo nazionale, incentrata sul caso giudiziario per cui è stato condannato, costituisce un gesto che avrebbe meritato un’attenta valutazione da parte dei giudici. Inoltre, si sottolinea che Stasi avrebbe usato quel permesso con finalità differenti da quelle dichiarate, generando una distorsione della misura premiale.

La linea difensiva di Stasi

La difesa, rappresentata dall’avvocato Glauco Gasperini, ha replicato affermando che l’intervista è stata registrata il 22 marzo, in modo del tutto legittimo, durante un permesso già concesso e quindi non soggetto a ulteriori autorizzazioni. I legali sostengono che non ci sia stata alcuna violazione e che le accuse della Procura siano infondate. La difesa insiste nel ritenere che Stasi stia seguendo un regolare percorso di reinserimento, previsto per tutti i detenuti che ne abbiano i requisiti.

Prossimi scenari e polemiche politiche

Il caso è tornato al centro del dibattito pubblico e mediatico. Diversi opinionisti e politici si sono espressi sull’opportunità della concessione di benefici carcerari a detenuti condannati per crimini così gravi. Alcuni sottolineano che la giustizia deve garantire percorsi di reinserimento, altri ritengono inaccettabile che un condannato per omicidio possa apparire in TV senza autorizzazione.

Nel frattempo, la decisione della Cassazione sarà determinante: se il ricorso verrà accolto, la semilibertà potrebbe essere sospesa o revocata. Si tratterebbe di un passo indietro significativo nel percorso di Stasi verso un possibile affidamento in prova ai servizi sociali.

Il carcere di Bollate, dove Stasi è detenuto, è da tempo considerato un modello di sistema detentivo avanzato e riabilitativo. Ma il caso Garlasco continua a rappresentare un terreno delicato, sia per il suo impatto sociale che per le implicazioni simboliche legate al rapporto tra giustizia, media e opinione pubblica.

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