Garlasco, il mistero dei vestiti trovati nel canale: “Erano sporchi di rosso, poi distrutti”
Sono passati ormai più di sedici anni dal tragico delitto di Garlasco, ma il mistero che avvolge quella vicenda sembra ancora lontano dall’essere risolto. E ora, a distanza di anni, emergono nuovi dettagli che riaccendono le polemiche e le riflessioni sulla gestione delle prove.
Il ritrovamento e la chiamata ai carabinieri
Cristina, intervistata recentemente da Mattino 5, ha raccontato il momento in cui, incuriosita dai capi trovati sul luogo del ritrovamento, ha deciso di chiamare i carabinieri. «Abbiamo visto che erano abiti firmati, c’erano scarpe da uomo, tutto bagnato e con tracce di rosso. Pensavamo potesse essere importante e abbiamo segnalato tutto subito», ha spiegato la donna davanti alle telecamere, indicando anche il punto esatto del ritrovamento.
Le analisi dei reperti e i primi dubbi
I vestiti furono sequestrati e catalogati dai carabinieri dodici giorni dopo il delitto, il 25 agosto 2007. Tra i reperti: due pantaloni (uno nero e uno beige), un paio di leggins da donna, due canottiere e scarpe da uomo marroni. Le analisi condotte dal RIS di Parma rivelarono che sui pantaloni non si trovò nulla di utile, mentre sui leggins e sulla canottiera comparvero tracce di colore rossastro. Il luminol reagì positivamente, indicando possibili tracce di sangue invisibili a occhio nudo.
Tuttavia, il Combur Test, esame rapido per la presenza di sangue, diede risultato negativo sia sui vestiti che sulle scarpe. Le tracce brunastre e le suole con punti luminosi non furono ritenute sufficienti per collegare quei reperti al delitto. Di conseguenza, quei vestiti furono archiviati come prove non rilevanti.
La distruzione dei reperti e le opportunità perdute
La notizia più sconvolgente riguarda il destino di quei reperti: tutti sono stati distrutti. Secondo ricostruzioni ufficiali, in quanto ritenuti non più utili dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi, i vestiti e le scarpe sono stati eliminati, rendendo impossibile qualsiasi nuovo esame con tecnologie più moderne.
Il genetista Pasquale Linarello, oggi consulente della difesa, ha sottolineato quanto sarebbe stato utile ripetere le analisi con strumenti avanzati come l’Obti test, in grado di individuare tracce di sangue anche minime e distinguere tra diverse sostanze ossidate. Ma ormai, quei reperti non esistono più.
Un’occasione persa e il ritorno del caso
Il caso Garlasco, che ha tenuto col fiato sospeso l’Italia per anni, torna sotto i riflettori. Le recenti aperture della magistratura e le nuove indagini su possibili sospetti riaccendono il dibattito sulla gestione delle prove e sulla possibilità di una verità ancora nascosta.
L’amarezza della testimone Cristina è palpabile: «Abbiamo fatto il nostro dovere. Ma a quanto pare è servito a poco». Le parole di chiusura riecheggiano nel silenzio di un caso che, forse, avrebbe potuto essere risolto diversamente se solo quei reperti fossero stati preservati e analizzati con le tecnologie odierne.