Gabrielli, e la tua circolare?

Da una parte c’è Franco Gabrielli, che di fronte ad una platea di sindacalisti e poliziotti critica il leader di un partito di opposizione, senza pensare che chiunque tra i presenti potrebbe riprendere con un cellulare il discorso per poi pubblicarlo sui social network (come è poi successo).

Dall’altra, c’è il Capo della Polizia che pochi mesi fa con una circolare “bacchettava” gli agenti autori di “esternazioni” dal “contenuto inappropriato”. Direte: dov’è il problema? Semplice: il guaio è che stavolta chi ha scritto le disposizioni e chi sembra averle violate, sono la stessa persona. Ed è il vertice della polizia di Stato.

Il vespaio di polemiche che si è sollevato dallo scoop del Giornale.it non sembra destinato a spegnersi. Dopo le espressioni “colorite” dello scorso 24 febbraio, il prefetto si è scusato pubblicamente e la vicenda sembrava essersi chiusa. Poi il caso è riesploso. Salvini ieri ha auspicato per i poliziotti una “guida adeguata”, scatenando la reazione di Pd e M5S. La maggioranza si è schierata a difesa del capo della polizia, accusando il leghista di “attacchi inqualificabili”. C’era da aspettarselo, per carità. Ma sorprende che nessuno nel governo abbia osato criticare le parole utilizzate dal prefetto nel suo intervento di fronte ai sindacalisti del Coisp.

Il caso-Gabrielli va infatti osservato da un altro punto di vista: è normale che il capo della polizia si rivolga in quei toni alle posizioni politiche di un esponente dell’opposizione, giuste o sbagliate che siano?

Il dubbio viene soprattutto se si va a rileggere una circolare, firmata dallo stesso Gabrielli, del 24 ottobre 2019. L’oggetto riguarda l’uso dei social da parte dei poliziotti, ma tocca più in generale il tema delle opinioni espresse dalle forze dell’ordine. “È pacifico – si legge – che l’appartenente alla polizia di Stato, rispetto alla generalità dei cittadini e anche agli altri pubblici dipendenti, è assoggettato ad un regime giuridico peculiare” che richiede “l’obbligo di mantenere, in servizio e fuori dal servizio, un comportamento idoneo a non creare disdoro o imbarazzo all’Amministrazione”.

Col suo discorso all’Hotel Massimo D’Azeglio di Roma, Gabrielli potrebbe insomma aver “violato” la sua stessa circolare. Nel documento, infatti, si legge che un poliziotto “gode presso l’opinione pubblica di una considerazione sociale, culturale e istituzionale” propria del suo ruolo e questo gli impone di “tenere un maggiore riserbo e una particolare cautela nell’esprimere, anche via web, valutazioni anche dal taglio critico, specie in ordine ai fatti che interessano l’opinione pubblica”. Posto che le politiche della sicurezza rientrano sicuramente tra i fatti di interesse pubblico, la domanda è: nel video in cui utilizza espressioni come “sfintere”, “grazie, Graziella…” e “calci nel sedere”, il prefetto non si è forse esposto in “valutazioni dal taglio critico”, come aveva chiesto di non fare ai suoi poliziotti? E non ha forse creato imbarazzo al dipartimento?

Alcuni esponenti Pd e M5S hanno derubricato le parole choc di Gabrielli, definendole “qualche frase colorita usata in una discussione privata”. Come se, a porte chiuse, il capo della polizia potesse pure lasciarsi andare. Tuttavia, la legge dice che il personale “anche fuori servizio deve mantenere condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni”. E la circolare invitava ad avere “un comportamento ineccepibile ed esemplare” nelle discussioni sui social, anche quando siano state impostate “specifiche restrizioni rispetto ai profili di privacy“. L’operatore, insomma, deve ispirarsi sempre “all’equilibrio” e “alla ponderatezza”, anche se pensa che un suo post (o un sms) possa essere letto solo dagli amici. Perché non si sai mai che quel contenuto, in qualche modo, possa diventare di pubblico dominio e “amplificarsi a dismisura”.

Il principio, viene da dire, vale anche in un seminario a porte chiuse. Quel discorso, infatti, è stato registrato da uno dei presenti, caricato sui social network e infine è finito sui giornali. Ecco perché, sebbene tutti possano esprimere opinioni, sarebbe sempre meglio ponderare “tempi, modi e caratteri delle proprie esternazioni” in modo da tenere “un comportamento improntato a ‘correttezza, imparzialità e cortesia’ in linea con quanto previsto dall’Art. 12 del D.P.R. 782/1985″. Lo dice la circolare. Forse il capo della polizia dovrebbe rileggersela.