Francesca Albanese, il Pd si spacca: “Narcisista e arrogante”. E ad attaccarla proprio loro

Le tensioni politiche nel Partito Democratico si fanno sempre più evidenti, e il caso di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi, sta diventando il simbolo di un conflitto interno che rischia di minare l’unità del centrosinistra. La figura di Albanese, nota per le sue posizioni a sostegno della causa palestinese, ha acceso un acceso dibattito tra le diverse anime del partito, rivelando fratture profonde e divisioni ideologiche che si trascinano da tempo.

Una figura divisiva tra militanti e leadership

Da un lato, Albanese è vista da una parte della base militante come un punto di riferimento e un simbolo di impegno e coraggio. Dall’altro, alcuni esponenti del partito, tra cui l’europarlamentare Pina Picierno, la considerano un elemento di polarizzazione e di eccessiva radicalizzazione. In un’intervista al Foglio, Picierno ha denunciato come la presenza di Albanese rafforzi un clima di “intolleranza politica” e abbia contribuito a un “narcisismo” che allontana i valori del confronto democratico, sottolineando come le piazze e i temi delicati come Gaza vadano condivisi, non assecondati.

Il dibattito sulla diplomazia e il protagonismo

Il senatore Filippo Sensi ha invece spostato l’attenzione sulla necessità di concentrare gli sforzi sulla diplomazia e sul sostegno a un piano di pace in Medio Oriente. Sensi ha sottolineato come l’obiettivo principale debba essere il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, piuttosto che il protagonismo individuale di figure come Albanese. La sua posizione evidenzia la volontà di mantenere il focus su un approccio più serio e credibile, lontano dalle polemiche e dalle prese di posizione troppo polarizzanti.

L’episodio televisivo e le reazioni interne

Recentemente, un episodio avvenuto nel programma televisivo “In Onda” ha alimentato ulteriormente le tensioni. Albanese, durante un’uscita polemica, ha rivolto accuse alla senatrice Liliana Segre, definendola “non lucida” in relazione al conflitto in corso. La reazione pubblica a questa uscita ha diviso ulteriormente il partito, con alcuni esponenti che hanno preso le distanze e altri che hanno difeso la relatrice ONU, evidenziando le divisioni interne sulla gestione del ruolo e sulla linea politica da seguire.

Malumori tra amministratori e rappresentanti locali

Le tensioni non si limitano al Parlamento. Anche figure istituzionali come la sindaca di Genova, Silvia Salis, hanno manifestato il loro disagio, scegliendo di non partecipare a un convegno in segno di protesta silenziosa. Tra le altre voci critiche, l’europarlamentare Elisabetta Gualmini ha espresso perplessità sulla concessione della cittadinanza onoraria ad Albanese da parte di alcune amministrazioni locali, come Bologna, sottolineando come il ruolo di un sindaco debba essere quello di unire, non di alimentare polarizzazioni.

Una spaccatura che rischia di allargarsi

Il caso Albanese si è rapidamente trasformato in una miccia politica, simbolo di una frattura più ampia all’interno del Partito Democratico. La questione non riguarda solo le posizioni sulla politica estera, ma anche l’equilibrio tra riformismo e radicalismo, tra moderazione e protagonismo movimentista. La gestione pubblica del ruolo di Albanese e il modo in cui si relaziona con il dibattito italiano sono al centro di un confronto che mette in discussione l’identità stessa del partito.

Il futuro del centrosinistra in bilico

Ora, la leadership di Elly Schlein si trova di fronte a una scelta cruciale: assecondare questa spinta radicale o cercare di mediare per mantenere l’unità. La figura di Francesca Albanese rischia di diventare il simbolo, positivo o negativo, di una direzione che il partito non potrà più rimandare. In un momento storico in cui la sinistra italiana è alla ricerca di una nuova identità, il dibattito interno si fa sempre più acceso, e il rischio di una spaccatura definitiva è dietro l’angolo.

Conclusione

Il caso Albanese rappresenta molto più di una semplice controversia sulla politica estera: è il riflesso di un partito diviso tra diverse anime, tra moderati e radicali, tra chi vuole mantenere un profilo istituzionale e chi si sente chiamato a rappresentare una protesta più forte. La sfida per il PD sarà quella di trovare un equilibrio, evitando che questa frattura si trasformi in una rottura irreparabile.