È ufficiale: il naufragio da 117 morti era una messa in scena

E alla fine, come volevasi dimostrare, era una bufala. Il presunto naufragio da 117 morti non è mai avvenuto. Già ieri e il giorno precedente avevamo diffuso le precisazioni della Marina Militare italiana

Ora arriva l’ufficialità: non più di 50 clandestini risultano dispersi al largo delle coste libiche. Lo ha confermato ad “Agenzia Nova” il portavoce della Marina libica, Ayoub Qassem, che ha smentito le notizie – false – relative all’annegamento di 117 persone.

In precedenza, infatti, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva espresso “profondo dolore” per le notizie relative a circa 117 migranti morti, in base alle testimonianze di tre sopravvissuti (due sudanesi e un gambiano) salvati dalla Marina militare italiana. Questo dopo essere stati visitati da attivisti di MSF.

Interpellato da “Agenzia Nova”, Qasem ha fornito la versione ufficiale dei fatti: “Abbiamo inviato una nostra motovedetta ad effettuare quel salvataggio, ma abbiamo trovato soltanto dei gommoni sgonfi lasciati da un elicottero italiano”, ha detto Qassem. Il portavoce libico ha detto che la motovedetta libica “non ha trovato altri relitti né corpi” in quel tratto di mare. Per le autorità libiche, i migranti ufficialmente dispersi in quel naufragio sono 50 e non 117. “Se l’imbarcazione fosse affondata avremmo non più di cinquanta naufraghi”, ha detto ancora Qassem, spiegando che “da un certo periodo di tempo a questa parte, tutte le imbarcazioni che trasportano i migranti illegali partono con un numero limitato di passeggeri: ecco perché la storia dei 117 morti non può essere vera”.

E non può esserlo per un altro motivo, il video girato dall’aereo da ricognizione italiano.

Ieri sera, inoltre, la Guardia costiera libica ha annunciato di aver salvato 141 clandestini. Con un video postato sul proprio profilo Facebook, la Guardia costiera libica ha reso noto che ad intervenire in questa operazione di salvataggio è stata la motovedetta “Fezzan”. Nel video si vedono i migranti, di diverse nazionalità africane, venire caricati a bordo della motovedetta e portati in un centro di raccolta per clandestini in via al Sikka, a Tripoli.