“È ora di odiare”: ecco come Saviano vuole tornare in campo

 

Il tempo del buonismo, per modo di dire, per Roberto Saviano è finito. Ad annunciarlo è lo scrittore campano che, così, ha deciso di rinnegare quella che per molti anni è stata la sua linea morale e politica, che gli ha dato gloria e lustro.

Ora è giunto il tempo di odiare. Sì, è proprio questo il termine usato da quello che fino a pochi giorni fa era il guru della sinistra progressista e radical chic. Perché di nascondere i sentimenti Saviano proprio non ce la fa più. Ed è lui stesso ad ammetterlo. Non solo odio contro i nemici, nascosto in malo modo in questi anni, ma anche verso quelli che considera finti amici che tramano nell’ombra contro di lui.

Ci fu un tempo in cui lo scrittore era venerato quasi come un dio dall’intellighenzia rossa. Tra un trasmissione di Santore ed una di Fazio dava lezioni di vita a tutti. Addirittura qualcuno si augurava come guida del Pd proprio il maestro Saviano. Il tempo passa e le cose cambiano. Lo scrittore poco alla volta ha perso il suo “fascino”, le persone si sono stufate di lui, gli ascolti sono calati. E poco alla volta i fedeli del “savianismo” si sono allontanati dal sommo. Saviano è tornato a scrivere di camorra, con un certo successo. Ma lui non si accontenta. Forse gli piacerebbe buttarsi a capo fitto in politica. Se il capitolo Pd è chiuso magari ne potrebbe aprire un altro con qualche partito rigorosamente più a sinistra dei dem.

Come ricorda La Verità, nei prossimi giorni uscirà il volume per Bompiani intitolato “Gridalo”: in sostanza si presenta come una collezione di scritti impegnati e militanti. L’arrivo del tomo in libreria è stato anticipato da una lunga intervista che il buon Roberto ha rilasciato a Marco Damilano sull’Espresso. E la chiacchierata riserva una grande sorpresa: la nuova linea politica dello scrittore è riassumibile con “odio”. “Gridare significa prendere parte”, ha spiegato Saviano che con orgoglio rivendica di avere mandato “a cagare” il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, perché “non basta più rintanarci dentro i buoni modi, la buona educazione”.

Pare di capire che secondo Roberto la sinistra, per rinnovarsi, deve diventare più cattiva. “Basta con le prediche contro l’odio. Io, per esempio, sento di odiare tantissimo”, ha ammesso lo scrittore. Qualcuno in verità se ne era accorto da tempo. “Devo disciplinarmi- ha continuato- per non far emergere in pubblico un odio che provo in modo assoluto. Io odio chi mi ha fatto del male. Odio quelli che stanno dalla mia parte ma poi mi pugnalano alle spalle perché mi detestano”.

Nei fatti nel corso del tempo Saviano ha fatto discorsi contro l’odio. Nel suo mirino in particolare Matteo Salvini, anche se il suo discorso era rivolto a tutta quella parte politica lontana dalle idee progressiste e pro-immigrazioniste. Quasi un anno fa era lo stesso Saviano a scrivere su Twitter:”L’odio verso Liliana Segre è responsabilità di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. […] A lei vogliamo somigliare e non a chi avvelena l’Italia con parole di intolleranza e odio”. La sinistra, a cominciare proprio da Saviano, ha sempre condannato l’odio a parole, presentandolo come caratteristica principale della destra e non solo. Eppure, in un certo modo, i progressisti attaccano con furore chiunque non la pensi come loro. Basta davvero poco per essere additato come fascista, razzista, xenofobo, populista, omofobo, bigotto e altro. L’illustre scrittore chiamava Salvini “il ministro dell’inferno”, sostenendo di fatto che chiunque si opponga all’immigrazione di massa sia cattivo. Ora Saviano parla pubblicamente di odio. Un sentimento che forse ora gli conviene.

Nella sua intervista lo scrittore chiarisce ulteriormente il concetto: “Non credo che la strada da seguire sia la gentilezza. È ora di dire basta: basta con il mondo mediatico che ospita il peggio, con giornali che hanno fatto cose ignobili, dossieraggio e istigazione al razzismo, che hanno perso qualsiasi autorevolezza, ma vengono tenuti al tavolo perché deve esserci tutto, anche la quota della merda”.

C’è da preoccuparsi per la “chiamata” all’odio di Saviano. Questa presa di posizione non è una bella prospettiva per un’Italia scossa da tensioni politiche e sociali provocate dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica che ne è conseguita.

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