Di Maio usa Google Translate? Ennesima gaffe della Farnesina

 

Una vera e propria figuraccia. L’ennesima da parte di Luigi Di Maio. I suoi scivoloni non rappresentano certamente una novità, visto che ci ha abituati a tutto ciò praticamente ogni giorno.

Ma evidentemente non è mai sazio e così ha deciso di regalarci un’altra perla delle sue. Una gaffe che fa sorgere un dubbio: per caso alla Farnesina utilizzano Google Translate? Domanda lecita, visto che il comunicato stampa apparso sul sito del Ministero degli Esteri – tra l’altro neanche rivisto per eventuali correzioni – conteneva una traduzione errata. E così Manlio Di Stefano, il suo vice, è diventato “Of Stefano”. Colpa del traduttore automatico? Chi lo sa. Sta di fatto che improvvisamente “Di” in inglese è diventato “Of”. E non se ne erano neanche accorti. La modifica, come riporta Il Foglio, è arrivata solamente qualche ora dopo, ma ormai le tracce del clamoroso inciampo erano rimaste sul web.

 

Così il cognome del sottosegretario è stato confuso e tradotto automaticamente in “Of”. Una persona umana lo avrebbe capito subito, mentre il povero Google Translate ha il solo compito di tradurre parola per parola. Sui social si sono scatenati immediatamente i commenti: “Siamo alle comiche finali”; “Ignoranti fino al midollo”; “Esprimo la mia indignazione per essere rappresentato nel mondo da questa gente. Al di là della politica, qui si tratta di persone arroganti e ignoranti che assumono ruoli assolutamente fuori dalla loro portata”; “Abbiamo un ministro degli Esteri che non sa l’inglese e usa Google Traslate che gli traduce in ‘Of Stefano’ il cognome del sottosegretario Di Stefano. Non è un governo ma un circo”.

Le altre gaffes grilline

Come detto all’inizio, non è certamente la prima figuraccia che Di Maio ci ha regalato. Questo caso non ha fatto altro che confermare l’inadeguatezza grillina nell’inglese e nei rapporti con il mondo. Memorabile fu la gaffe di due anni fa quando sbagliò il nome del presidente cinese Xi Jinping. Per tutti è tra gli uomini più potenti al mondo, mentre per lui è l’amico “Ping”. Come non menzionare il saluto a “mister Ross” mentre stringeva la mano a Mike Pompeo, il segretario di Stato americano. Un altro scivolone risale al settembre 2016, quando l’allora vicepresidente della Camera paragonò Matteo Renzi ad Augusto Pinochet, collocando il regime del generale in Venezuela anziché in Cile.

Tutto qui? Macché. Di “uscite poco felici” ce ne sarebbero altre. Non si può non menzionare, ad esempio, quando Manlio Di Stefano ha diramato un messaggio social per dare un abbraccio “ai nostri amici libici” all’indomani dell’esplosione al porto di Beirut, capitale del Libano. Per il momento l’errore della traduzione non è stato commentato, ma quella volta il pentastellato ci aveva scherzato su: “Oggi mi trovo primo nelle tendenze di Twitter e in home page di svariati giornali. Sono felice che qualcuno goda a sentirsi migliore di me”.

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