“Di chi è la colpa”. Martina uccisa a 14 anni, le parole di denuncia di Paolo Crepet
La morte brutale di Martina Carbonaro, la quattordicenne uccisa dall’ex fidanzato di 19 anni incapace di accettare la fine della loro relazione, ha riacceso il dibattito pubblico sul fenomeno dei femminicidi e sulla responsabilità collettiva di una società troppo spesso cieca di fronte alla violenza. Le parole di Paolo Crepet, psichiatra e scrittore, risuonano come un grido d’allarme: “La spiegazione del ‘raptus’ è un insulto alla ragione e alla dignità umana”.
Una società che costruisce violenza
Crepet non si limita a condannare l’atto individuale, ma denuncia un contesto sociale che ha contribuito a creare le condizioni di questa tragedia. “Quello che sta accadendo, la violenza, i femminicidi, sono quello che abbiamo voluto”, afferma con durezza. Secondo lo psichiatra, la responsabilità è collettiva: dall’uso incontrollato dei social network, che permette anche ai più giovani di aprire profili senza limiti, alla mancanza di un’educazione reale alla gestione delle emozioni e dei rapporti.

I carabinieri sul luogo del ritrovamento del corpo di Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola (Napoli) scomparsa il 26 maggio, Napoli 28 maggio 2025. ANSA/CIRO FUSCO
Social e famiglia: le radici di un problema
Crepet evidenzia come sia ormai normale che un bambino di undici anni abbia un profilo social, senza che genitori, scuola o istituzioni intervengano. “Non prendiamoci per i fessi”, dice, “perché di fronte a una morte ammazzata almeno la dignità di non raccontarci le balle tra noi”. La sua denuncia si fa ancora più dura quando critica l’inerzia sociale e il bisogno di pacificazione che spesso porta a minimizzare o ignorare i segnali di allarme.

CREATOR: gd-jpeg v1.0 (using IJG JPEG v62), default quality
Il fallimento del sistema e il silenzio collettivo
L’intervento dello psichiatra si rivolge anche al cuore del problema: il silenzio, l’indifferenza e il perbenismo. “La colpa è di chi sceglie di star zitto, di far l’indifferente, di chi dice ah, ma chissà da quale famiglia è venuto fuori quello lì, noi siamo un’altra cosa. Crepet ricorda il massacro del Circeo, come monito mai ascoltato, e invita a riflettere sul fatto che la società ha delegato e scaricato le responsabilità, rimuovendo il problema invece di affrontarlo.
Una chiamata all’azione
Le parole di Crepet scuotono e dividono, ma rappresentano anche una richiesta di consapevolezza e di coraggio. È tempo di smettere di nascondersi dietro risposte superficiali e di affrontare con decisione le radici di una violenza che si alimenta di indifferenza e ignoranza. La morte di Martina ci interpella come cittadini, come genitori, come società: cosa siamo disposti a fare per cambiare davvero?