Covid, c’è la data per riaprire i teatri e i cinema: 27 marzo 2021. Biglietti online e divieto di pop corn

 

Il 27 marzo 2021 potrebbero riaprire i cinema, i teatri e le sale da concerto. L’annuncio, che tanti aspettavano, l’ha dato il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini su Twitter, riportando il confronto con il comitato tecnico scientifico che, dunque, si è detto d’accordo sulla riapertura dei luoghi di cultura e spettacolo pur con due variabili: le “integrazioni ai protocolli di sicurezza” e trovarsi in zona gialla. Non è ancora nero su bianco ma, per la prima volta dall’inizio della pandemia Covid e quindi da oltre un anno, c’è una data.

La riapertura, che coincide con la Giornata mondiale del teatro istituita nel 1962 e celebrata ogni anno, dovrebbe riguardare, secondo quanto riferito da Franceschini, l’accesso ai musei, su prenotazione, durante i weekend. Tra le misure integrative del protocollo potrebbero esserci i biglietti nominativi e prenotati online (per la certezza del tracciamento), le mascherine Ffp2 da indossare per tutta la durata dello spettacolo (almeno per gli addetti ai lavori, probabile che siano permesse le chirurgiche per gli spettatori), la sanificazione alla fine di ogni rappresentazione e un rigido orario di termine dell’ultimo spettacolo (probabilmente le 22). All’ingresso verrà misurata la temperatura a tutti e sarà vietato consumare cibi e bevande in sala (i “classici” pop corn al cinema) per evitare di abbassare la mascherina.

La capienza delle sale

Delicato il tema della capienza, che nel protocollo dell’estate 2020 indicava un massimo di duecento spettatori al chiuso e mille all’aperto. La richiesta del Ministero era che il “tetto” aumentasse, rispettivamente, a cinquecento e millecinquecento spettatori, a “modulando” la capienza sulla base della distanza di almeno un metro (eccetto che per spettatori conviventi) e considerando la struttura caso per caso attraverso una decisione degli organi territoriali. Ogni sala, in altre parole, avrebbe avuto la “sua” capienza massima. Sembra invece che il Cts abbia fissato un limite di occupazione del 25% dei posti teorici, con un “tetto” massimo di duecento posti al chiuso e appena quattrocento all’aperto, meno quindi del protocollo dell’estate scorsa.

La lunga attesa di una data

Il mondo dello spettacolo dal vivo attendeva da tempo questo annuncio. Soltanto pochi giorni fa, a un anno dalla chiusura per Covid, centinaia di teatri in Italia avevano aderito alla manifestazione “Facciamo luce sul teatro”, accendendo per due ore le luci esterne e interne. Di recente MilanoToday ha intervistato i direttori di otto teatri milanesi: tutti si sono detti convinti che i luoghi di spettacolo sono sicuri e controllabili dal punto di vista sanitario, anche più di altre attività che nel frattempo hanno conosciuto periodi di riapertura. E tutti hanno messo in luce che il teatro è un ecosistema di lavoro, competenze, professionalità, un ecosistema entrato in crisi con i lockdown e le restrizioni che non può essere sostituito da sistemi come lo streaming, che pure in questi mesi sono stati suggeriti.

Non solo: i direttori di teatro interpellati da MilanoToday hanno chiaramente espresso la necessità di una data “certa” per consentire la programmazione del lavoro e delle attività. Occorrono infatti almeno alcune settimane per organizzare la riapertura, tra composizione della compagnia, promozione dello spettacolo e vendita dei biglietti. E se occorrono le prove, i tempi si allungano ancora di più.

Trotta: «Si decidono capienze senza considerare dimensioni strutture»

Vede il bicchiere solo mezzo pieno Claudio Trotta, fondatore di Barley Arts e portavoce del protocollo “#ricominciamo” per la riapertura degli spettacoli, a cui hanno aderito oltre quaranta sigle. «La parte positiva – spiega a MilanoToday – è che, già da un po’ di giorni, si è finalmente tornati a parlare di riaperture, anche con un minimo di programmazione. Devo però dire che in Francia e in Inghilterra le hanno già pianificate da qui a giugno. La parte negativa è che il Cts, apparentemente, continua a decidere le capienze possibili senza fare considerazioni legate alle caratteristiche e alle dimensioni delle strutture. Non si considerano le sperimentazioni fatte all’estero, come in Germania e in Spagna, nonché i protocolli elaborati dagli operatori, se non in alcune parti: infatti ci sono delle punti che mi paiono presi quasi di ‘peso’ dal nostro protocollo di cui sono portavoce».

milanotoday.it