C’è Biden, spunta il vaccino Come “cambia” la pandemia

Con la vittoria del democratico Joe Biden cambia anche la narrativa del Covid-19. Come? Cominciano dalla notizia che tutti speravano arrivasse: come ha spiegato Andrea Walton su InsideOver, il vaccino prodotto dalle americane Pfizer Inc. e dalla BioNTech ha dimostrato di essere efficace l’infezione provocata dal virus Sars-Cov-2 nei soggetti che non erano mai entrati in contatto con il morbo. La società ha affermato che il vaccino è efficace oltre il 90% nel prevenire la malattia tra i volontari dello studio che non avevano prove di una precedente infezione da coronavirus. Non sono inoltre stati riscontrati rilevanti problemi di sicurezza. Pfizer prevede di chiedere alla Food and Drug Administration americana l’autorizzazione di emergenza del vaccino a due dosi entro fine mese. I volontari che hanno preso parte alla sperimentazione, che continuerà anche nei prossimi mesi, sono oltre 44mila.

Così Biden vuole sconfiggere la pandemia

Joe Biden non si è ancora insediato come presidente e, a pochissime ore dalla sua elezione, può già vantare un alleato formidabile, il vaccino. Questo significa che se tutto filerà liscio come sembra, potrebbe raggiungere l’obiettivo di passare alla storia come l’amministrazione americana “che ha sconfitto il virus”. Questa, sicuramente, sarà quantomeno la narrativa che vorrà far passare lo staff della Casa Bianca nei prossimi mesi, in netta contrapposizione con la gestione della pandemia da parte di Donald Trump. “La pandemia sta diventando molto più preoccupante in tutto il Paese”, ha detto Biden venerdì. “Voglio che tutti sappiano che il primo giorno metteremo in atto il nostro piano per controllare questo virus”.

L’ex vicepresidente, infatti, ha spiegato che debellare la pandemia è l’obiettivo principale della sua amministrazione. Per questo motivo, come riporta l’agenzia LaPresse, ha nominato alla task force contro il Covid-19 13 membri di cui tre co-presidenti: il dottor David Kessler, professore di pediatria, epidemiologia e biostatistica presso l’Università della California, San Francisco, commissario della Food and Drug Administration degli Stati Uniti dal 1990 al 1997; il dottor Vivek Murthy, chirurgo generale e la dottoressa Marcella Nunez-Smith, professoressa associato di medicina interna, salute pubblica e management presso la Yale University e preside associato per la ricerca sull’equità sanitaria presso la scuola di medicina di Yale specializzata in assistenza sanitaria per le popolazioni emarginate.

Tra gli altri che vi faranno parte, anche Rick Bright, immunologo, virologo, espulso da capo della Biomedical Advanced Research and Development Authority dopo aver criticato la risposta del governo federale al coronavirus sotto il presidente Donald Trump, la dottoressa Luciana Borio, vicepresidente del personale tecnico presso la società di investimenti strategici In-Q-Tel che fino all’anno scorso era una specialista in biodefense del Consiglio di sicurezza nazionale, e il dottor Ezekiel Emanuel, oncologo e presidente del Dipartimento di etica medica e politica sanitaria presso l’Università della Pennsylvania, che dal 1997 è presidente del Dipartimento di bioetica presso il Centro clinico del National Institutes of Health.

Come cambia la narrativa del virus dopo Trump

Inutile nasconderlo: la comunicazione dell’amministrazione Trump sul coronavirus è stata a dir poco confusa, e questo ha indubbiamente pesato sul risultato elettorale. È facile pensare, tuttavia, che cambierò drasticamente la pressione politica e comunicativa verso il neo-presidente rispetto al suo predecessore, che sicuramente avrà sicuramente vita molto più facile con tutti i grandi media americani. Già la notizia dell’efficacia del vaccino di Pfizer rappresenta una boccata d’ossigeno rispetto alle scorse settimane e Joe Biden si ritroverà la strada spianata quando si insedierà a gennaio.

Il neo-presidente si ritroverà, obtorto collo e senza particolari meriti, a simboleggiare l’ottimismo della ripresa e dell’uscita dal covid dopo i “mesi bui” dell’amministrazione Trump. Uno “storytelling” perfetto che potrebbe cucirsi addosso alla vicepresidente Kamala Harris, papabile candidata dem alle prossime elezioni presidenziali del 2024.