Caso Paragon, Luca Casarini accusa Conte: “Se mi ha spiato chieda scusa e ammetta l’errore”

Una nuova polemica scuote il panorama politico italiano, alimentando il dibattito sulla tutela della privacy, i diritti civili e il ruolo delle istituzioni nel contesto della sicurezza nazionale. Al centro della controversia, le accuse di Luca Casarini, fondatore e capo missione della ONG Mediterranea Saving Humans, nei confronti dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, riguardo a presunte operazioni di sorveglianza tramite spyware durante il primo governo giallo-verde.

Le intercettazioni e il ruolo dello spyware Graphite

Secondo quanto emerso da un’indagine condotta dal quotidiano Il Fatto Quotidiano, la Procura generale della Corte d’Appello di Roma avrebbe autorizzato, già nel 2019, l’utilizzo dello spyware israeliano Graphite per monitorare alcune persone, tra cui Casarini stesso. La scoperta si inserisce nel quadro di un’indagine più ampia su Paragon Solutions, azienda specializzata in software di sorveglianza digitale. La notizia ha suscitato scalpore, poiché si tratta di un’epoca in cui il governo Conte I, sostenuto da una maggioranza composta da Movimento 5 Stelle e Lega, era già sotto scrutinio per le sue politiche di sicurezza e gestione delle libertà civili.

Il governo, attraverso fonti ufficiali, ha dichiarato che le operazioni di sorveglianza erano state autorizzate legalmente e che non coinvolgevano giornalisti. Tuttavia, Casarini non si dà pace: “Se ci hanno spiati, non è stato per le nostre biografie scomode, ma per il soccorso in mare”, ha scritto in un post su Facebook, esprimendo il suo dispiacere e preoccupazione per un clima politico che rischia di normalizzare e depotenziate le pratiche di sorveglianza contro le ONG impegnate nel salvataggio dei migranti.

Un clima di repressione e il ruolo di Giuseppe Conte

Luca Casarini punta il dito contro l’ex premier Giuseppe Conte, sostenendo che la responsabilità delle operazioni di sorveglianza ricada direttamente su di lui. Secondo l’attivista, infatti, una visita del Comitato parlamentare per la sicurezza e le informazioni (Copasir) al Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) avrebbe confermato che Conte avrebbe firmato l’autorizzazione. Casarini ha anche tentato di contattare l’ex premier per un confronto pubblico, ma senza successo: “Gli ho proposto di incontrarci, di aprire una riflessione pubblica. Ma per farlo Conte dovrebbe ammettere che ha sbagliato”.

Il dibattito sulla trasparenza e i diritti civili

Le parole di Casarini riaccendono il dibattito sulla trasparenza delle istituzioni e sulla tutela dei diritti civili in un’epoca in cui la sorveglianza digitale si fa sempre più invasiva. La vicenda solleva interrogativi fondamentali sul rapporto tra Stato e cittadini, soprattutto quando si tratta di operazioni di monitoraggio che coinvolgono attivisti e ONG impegnate nel soccorso in mare e nella difesa dei diritti umani.

Una classe politica riluttante alle responsabilità

Nel suo intervento, Casarini denuncia anche l’atteggiamento della classe politica italiana, ritenuta incapace di assumersi le proprie responsabilità: “Chiedere scusa, ammettere l’errore, fare dell’errore uno strumento di cambiamento è davvero difficile. Impossibile, può darsi”. Le sue parole sottolineano il rischio di un progressivo depotenziamento del ruolo delle istituzioni nel garantire trasparenza e rispetto dei diritti fondamentali.

Conclusioni

La vicenda, che si inserisce in un contesto di crescente criminalizzazione della solidarietà e di tensioni tra sicurezza e libertà, pone domande profonde sul futuro del rapporto tra Stato e cittadini.

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