Caso Pamela, i giudici: «Oseghale lavò i resti della ragazza con la varechina per inquinare le prove»

Sul caso Pamela arrivano le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Innocent Oseghale. «Non esiste nessun ragionevole dubbio. Le conclusioni cui pervenivano i consulenti delle accuse pubblica e privata, cementate dalla condotta dell’imputato. Ispirata da finalità probatoriamente inquinanti, sono suffragate dai risultati delle indagini tossicologiche e sui resti cadaverici. Esclusa ragionevolmente la morte per overdose. Questa deve essere ascritta alla due coltellate vibrate dall’imputato allorché Pamela era ancora in vita». Lo sottolinea la Corte di Assise di Macerata in un passaggio delle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Innocent Oseghale. Il nigeriano, inoltre, per 18 mesi sarà in isolamento diurno. I resti della ragazza romana, allontanatasi da una comunità di Corridonia, furono ritrovati in due trolley vicino Macerata.  

Caso Pamela, depositate le motivazioni della condanna

Le motivazioni sono state depositate a circa sei mesi dalla sentenza di condanna del nigeriano, avvenuta il 29 maggio scorso.  In un altro punto i giudici sostengono che Innocent Oseghale, condannato all’ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno, con l’accusa di aver violentato, ucciso e fatto a pezzi il cadavere di Pamela Mastropietro, ha poi lavato i resti della ragazza con la varechina per inquinare “la prova omicidiaria”.

La condotta del nigeriano

Scrivono ancora i giudici. «Ritiene questa Corte sottolineare, con particolare enfasi, la condotta di Oseghale». Il nigeriano «dopo aver accoltellato la ragazza ancora in vita, provvedeva non soltanto al depezzamento e alla dissezione del corpo, ma attendeva all’accurato lavaggio di tutti i resti con la varichina, cospargendo con l’ipoclorito di sodio anche i genitali e le labbra di Pamela – sottolinea la Corte di Assise di Macerata in un passaggio delle motivazioni della sentenza – attività funzionale ad un inquinamento della prova omicidiaria e che non può certo trovare giustificazione nel fatto che l’imputato si sentisse, per così dire, infastidito dall’odore proveniente dai resti dopo aver brutalmente sezionato il cadavere con chirurgica precisione».

La tesi dell’accusa

«La tesi dell’accusa è suffragata inoltre dalle plurime versioni rese da Oseghale circa lo svolgimento dei fatti, contraddittorie e di volta in volta adattate alle esigenze difensive e agli sviluppi investigativi, denotanti le inquietanti capacità mimetiche e simulatrici dell’imputato». Si legga ancora in un passaggio delle motivazioni della sentenza di condanna. Nelle motivazioni la Corte di Assise, presieduta da Roberto Evangelisti, ripercorre le dichiarazioni rese nel tempo dall’imputato riguardo al giorno della morte di Pamela. La Corte di Assise, nelle motivazioni, non può sottacere «il significato delle dichiarazioni dell’imputato, sistematicamente volte a sottrarsi all’accertamento della verità».