Caso Alpini, lo schiaffo della dirigente PD all’intera feccia. Si è dimessa dall’incarico dopo esser stata insultata per aver ‘osato’ difenderli dagli ignobili attacchi di questi giorni

Contestate le sue dichiarazioni sul caso dell’adunata a Rimini. Lei si difende: “Quello che è successo è gravissimo, ma forse dovevo fare un processo sommario a tutto il corpo dell’esercito?”

“Lavoro costantemente tutti i giorni per le donne, ma stiamo scherzando?”. E’ furibonda Sonia Alvisi, consigliera regionale per la Parità, costretta a dare le dimissioni dal coordinamento delle donne Pd di Rimini dopo la presa di posizione a difesa dell’adunata degli Alpini e sulla necessità per le donne molestate di denunciare, unica strada “efficace”, per essere credibili. Affermazioni arrivate a Roma, che irritano il segretario Enrico Letta e che fanno uscire pubblicamente la leader nazionale delle donne Cecilia D’Elia che sconfessa la dem riminese: “Argomentazioni che non rispecchiano in alcun modo i nostri orientamenti e le nostre battaglie”. Così in tarda serata di ieri sono arrivate le sue dimissioni dal coordinamento locale.

Per quale motivo?

“Visto che le argomentazioni da me espresse hanno destato un forte dibattito che può mettere in dubbio la serietà del mio impegno, ma soprattutto la forza dell’impegno quotidiano delle donne democratiche a servizio della libertà delle donne, faccio un passo indietro. Ho fatto un comunicato ragionevole in cui sollecitavo le donne che sono state molestate a denunciare le molestie subite. Tutto questo non significa mettersi dalla parte dei molestatori, ma significa anche non accusare tutti gli Alpini di esserlo e significa portare i colpevoli nei luoghi istituzionali della giustizia. Al messaggio è stata data un’interpretazione sbagliata. Non mi spiego questo attacco personale lesivo della mia storia professionale e politica a difesa delle donne”.

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Perché allora si è dimessa?

“Perché l’attacco subito non mi piace, dove è la sorellanza nel Pd? Non ritengo che sia questo il comportamento delle donne del partito, le parole di Cecilia D’Elia sono ingiuste. Io sono una che lavora per le donne, anche nei tribunali in loro difesa contro le discriminazione sul lavoro, nel fare politica ci metto la faccia, ecco lo faccio anche adesso. Ho anche io la mia dignità, come le donne molestate. Ho fatto due passi indietro ora voglio vedere cosa fa il partito”.

Cosa si aspetta ora?

“Non lo so, sono esterrefatta”.

Lei si è dissociata con toni duri dalle accuse contro gli Alpini.

“Quello che è successo all’adunata è gravissimo, ma forse dovevo fare un processo sommario a tutti gli Alpini? Se ci sono stati degli alpini che hanno molestato delle donne non possiamo mettere alla gogna tutto un corpo dell’esercito. Ho detto chiaramente che c’era tolleranza zero anche a un complimento.

Nessuna donna deve avere paura in quanto donna di attraversare luoghi e vivere spazi pubblici in piena libertà, soprattutto nella nostra Rimini che tanto amiamo. Mi scuso se con le mie parole ho offeso la sensibilità di coloro che si sono sentite molestate e aggredite. Ho sempre lavorato per difenderle e continuerò a farlo con tutto il mio cuore”.

Un altro passaggio contestato è sull’invito a denunciare come unica strada, quando è anche un problema culturale, di lotta al sessismo.

“Ovvio che lo è, ma in un comunicato di cinque righe non potevo anche parlare della cultura maschilista, ho detto che queste donne devono andare a denunciare. So bene che non è solo con la denuncia che si combatte la violenza di genere, ma è da lì che devi partire. I colpevoli verranno puniti solo se ci saranno denunce, altrimenti si fa un processo sulla pubblica piazza”.