Carabiniere ucciso, lo sfogo del fratello: “Gli avevo detto di fermarsi”

Il dolore si taglia con il coltello tra le mura della chiesa dei Cappuccini a Ostuni, dove amici, parenti e colleghi si sono stretti attorno alla bara del brigadiere Carlo Legrottaglie, il carabiniere ucciso il 12 giugno scorso a Francavilla Fontana durante un tentativo di rapina finito nel sangue. Un colpo al petto lo ha strappato alla vita a 59 anni, a pochi giorni dalla meritata pensione. Una tragedia che ha scosso non solo la comunità locale, ma l’intero Paese.

Si è svolto con grande commozione il funerale del brigadiere Carlo Legrottaglie, vittima di un conflitto a fuoco durante un intervento contro due rapinatori armati. Un momento di lutto e di riflessione per un paese che ha perso un servitore dello Stato stimato e rispettato, ma anche un dolore che si fa fatica a contenere tra le lacrime di una famiglia distrutta dal dolore.

Sul feretro, avvolto dal Tricolore, erano poggiati con rispetto e solennità il cappello dell’Arma dei Carabinieri con la Fiamma e la medaglia al valore, simboli di un atto di eroismo riconosciuto ufficialmente. Tuttavia, il dolore e la rabbia di chi lo ha amato sono esplosi nel pianto del fratello Vito, che ai microfoni ha confessato:
“Gli dicevo sempre di fermarsi, di godersi la pensione. Hai sessant’anni, gli ripetevo, stai a casa, hai una famiglia. Ma lui no. Lui voleva salvare il mondo.”

Una tragedia evitabile?
Carlo Legrottaglie, uomo vicino al pensionamento, aveva deciso di rimanere in servizio fino all’ultimo giorno, nonostante i consigli di chi gli voleva bene. La sua scelta di intervenire durante una rapina, pochi giorni prima di lasciare il servizio, si è rivelata fatale. Durante l’azione, i due malviventi hanno aperto il fuoco, colpendo mortalmente il brigadiere al petto. Uno dei rapinatori, Michele Mastropietro, è rimasto ucciso nello scontro, mentre il complice, Camillo Giattanasio, è stato arrestato e ora chiede di essere sottoposto allo stub per dimostrare la propria innocenza.

Il dolore di una madre
Tra i momenti più strazianti del funerale, quello della madre di Carlo, Maria, che ha urlato tra le lacrime:
“Dovevo morire io, non tu, Carlo.”
Una frase che racchiude il dolore di una madre che ha visto partire il figlio per un gesto di coraggio estremo, quando ormai la sua carriera volgeva al termine. Un senso di ingiustizia e impotenza che ha attraversato tutti i presenti.

Un simbolo di dedizione e servizio
Carlo Legrottaglie rappresenta l’immagine di quei servitori dello Stato che non si tirano indietro, anche a costo della vita. La sua figura è stata onorata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha presenziato ai funerali, esprimendo cordoglio e ribadendo l’impegno delle istituzioni nel tutelare chi rischia ogni giorno per la sicurezza dei cittadini.

Chi era Carlo Legrottaglie?
Originario di Ostuni, brigadiere esperto e stimato, aveva dedicato tutta la vita all’Arma dei Carabinieri. Uomo serio, giusto e sempre disponibile, aveva deciso di rimanere operativo fino all’ultimo, nonostante i consigli di chi gli voleva bene. La sua passione per il lavoro e il senso del dovere sono stati un esempio per colleghi e cittadini.

Il dibattito sulla sicurezza
La tragica morte del brigadiere ha riacceso il dibattito sulla sicurezza delle forze dell’ordine, soprattutto per chi si avvicina alla pensione. È giusto che uomini con tanta esperienza siano ancora in prima linea? Come proteggerli meglio? Sono interrogativi che richiedono risposte urgenti e concrete.

La richiesta di giustizia
Ora la famiglia Legrottaglie chiede chiarezza e responsabilità. La speranza è che il procedimento contro Camillo Giattanasio, che ha chiesto di sottoporsi allo stub, possa fare piena luce su chi ha premuto il grilletto e garantire che chi ha tolto la vita a Carlo paghi il prezzo del suo gesto.

Un ricordo indelebile
Il sacrificio di Carlo Legrottaglie resterà come esempio di dedizione e coraggio per le future generazioni di carabinieri. Ma per la sua famiglia, il vuoto lasciato da quel gesto eroico è incolmabile. Come ha detto il fratello Vito:
“Lui voleva salvare il mondo. Ma io gli dicevo di smettere, perché il mondo non lo salvi da solo.”

Un messaggio di amore, rabbia e consapevolezza che ci ricorda come, a volte, l’eroismo abbia un volto umano, quello di un uomo che ha scelto di servire fino all’ultimo respiro.