“Buttato a terra, preso a calci” I migranti terrorizzano Roma

 

Quando i poliziotti in borghese l’hanno arrestato passeggiava in via Merulana, come se nulla fosse, a poca distanza dal luogo in cui, il giorno prima, aveva aggredito un ultraottantenne per strappargli dal collo la catenina d’oro.

“Si sentono padroni di fare quel che gli pare, tanto non hanno nulla da perdere”, si sfoga la vittima della rapina messa a segno da un giovane nordafricano un paio di settimane fa nel centralissimo rione Esquilino.

Sergio Zoppo è un arrotino di 85 anni, proprietario di una storica bottega artigiana al civico 66 della via che porta basilica di San Giovanni in Laterano a quella di Santa Maria Maggiore. Nel quartiere è un’istituzione. La sua è la prima coltelleria di Roma. Fu il bisnonno ad aprire i battenti nel 1871. Un mestiere trasmesso al figlio, al nipote e infine a Sergio, l’ultimo ad afferrare il testimone. Nessuno meglio di lui può raccontare la metamorfosi del quartiere. “Negli ultimi cinque anni il rione è cambiato radicalmente, si è riempito di sbandati, si accampano davanti alle nostre serrande, bevono e fanno i bisogni ovunque, noi negozianti – ci confessa – ormai ci sentiamo in pericolo”.

L’insicurezza l’ha toccata con mano qualche settimana fa. Sembrava una mattina come tante, e invece lo straniero sulla trentina che gli ha chiesto di poter guardare meglio i coltellini svizzeri esposti all’interno del negozio improvvisamente lo assale. Il tunisino, poi rintracciato e arrestato dalla polizia proprio a due passi dal luogo del fattaccio, si avventa sulla catenina d’oro del coltellinaio. “Mi ha immobilizzato da dietro tenendomi per il collo, poi mi ha strappato di dosso la collana e si è dileguato”, ci racconta mentre si arrotola le maniche della camicia per mostrarci le escoriazioni.

“La colluttazione è durata un paio di minuti, mi ha trascinato a terra e ho sbattuto il gomito ed il ginocchio ma in fin dei conti – ragiona Zoppo – mi è pure andata bene”. È ancora sotto choc: “Per fortuna me la sono cavata con qualche graffio e tanta paura, ma io sono una persona anziana, poteva davvero rovinarmi l’esistenza”. “Questo quartiere – accusa – è diventato un ghetto, pieno di stranieri senza arte né parte che arrivano in Italia sperando di trovare lavoro, ma poi finiscono a bere, spacciare, drogarsi e fare rapine”. Sono diverse quelle denunciate soltanto negli ultimi giorni.

Ieri due ragazzi nordafricani, un libico e un marocchino, hanno portato via il cellulare ad una donna di sessantadue anni in via Marsala, nei pressi della stazione Termini. La scorsa settimana, invece, un cittadino iracheno di poco più che ventenne è stato arrestato nel parco del Colle Oppio per aver tentato di rapinare una coppia di ultrasettantenni. Lo stesso giorno, in via Carlo Alberto, un senegalese aveva cercato di sottrarre il telefonino ad un passante. Sempre per impossessarsi di uno smartphone, a metà settembre, un tunisino di ventuno anni ha pedinato una ragazza e poi, in piazza Manfredo Fanti, l’ha spinta con violenza tra due auto.

Aggressioni e scippi non si contano più. “Ormai qui è diventata la prassi, e adesso che di turisti in giro se ne vedono pochi noi negozianti siamo finiti nel mirino dei balordi”, si lamenta l’artigiano. Per questo fa appello alle istituzioni: “Chiediamo che in strada ci siano più forze dell’ordine e che siano in divisa, per spaventare i malintenzionati”. Quando gli chiediamo se dopo il brutto episodio ha pensato di abbassare la serranda ci risponde senza un filo di esitazione: “Io non mollo, rimango qui”. “Questo negozio – aggiunge – è tutta la mia vita”.

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