Alemanno dal carcere: “Celle forno a Rebibbia, la politica dorme con l’aria condizionata”

Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma e ministro, ha sollevato pesanti accuse sul sistema penitenziario italiano, descrivendo le condizioni disumane e il grave stato di abbandono delle carceri nel suo diario dal carcere di Rebibbia. Le sue parole sono state lette in Aula dal senatore Michele Fina (PD) durante il dibattito sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere giudiziarie, portando all’attenzione dell’opinione pubblica una realtà durissima e spesso ignorata.

Condizioni climatiche insopportabili e strutture inadeguate
Alemanno ha raccontato di come il caldo torrido sia insopportabile, specialmente ai piani superiori dell’edificio, costruito negli anni ’70 senza alcuna coibentazione. «Al piano terra il caldo è sopportabile, ma salendo di piano la temperatura aumenta di almeno due gradi a rampa. Nell’ultima cella, esposta al sole su due lati, l’effetto forno è una realtà», scrive. La mancanza di impianti di condizionamento e di ventilatori funzionali aggrava la situazione, con cittadini e detenuti costretti a convivere con il calore e la poca ventilazione. Alemanno denuncia un sistema di ventilatori di vecchia generazione, spesso non arrivati o non funzionanti, creando un vero e proprio “esperimento scientifico sulla temperatura”.

Sovraffollamento, burocrazia e gestione fallimentare
Il carcere di Rebibbia, come molti altri in Italia, soffre di un sovraffollamento disumano. Alemanno denuncia di come i relegati siano spesso ammassati in spazi inadatti, con malati collocati in reparti sbagliati e infermerie usate come alloggi improvvisati. La grave carenza di personale, tra caporeparti e figure essenziali, rende impossibile una gestione efficace. Le pratiche burocratiche sono bloccate, e le strutture di sorveglianza, come i Tribunali di sorveglianza, sono in crisi, incapaci di assegnare pene alternative a chi ne ha diritto, aggravando l’emergenza.

La tragedia delle morti e dei suicidi
Tra le storie toccanti, Alemanno ricorda Mario, ottantunenne detenuto in attesa da giorni del trasferimento ai domiciliari, nonostante l’autorizzazione. La gestione fallimentare delle carceri si riflette anche negli allarmi di un numero crescente di suicidi: 71 nel 2024 e 38 nei primi sei mesi del 2025, uno ogni cinque giorni. «Chi muore in carcere spesso muore due volte: nella cella e nell’indifferenza collettiva», conclude l’ex ministro, evidenziando un dramma silenzioso che continua ad attraversare le nostre strutture penitenziarie.

Una politica lontana dalla realtà
Alemanno accusa la politica di essere complice di questa situazione, affermando che si spendono milioni di euro per prefabbricati inefficaci mentre si ignora la realtà quotidiana delle carceri. «La politica fa la faccia feroce, ma non si interessa di come si vive nelle celle», dichiara, e ammonisce che si aspetta solo una condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo che, secondo lui, non risolverà i problemi di fondo.

Riflessione personale e appello
L’ex sindaco si difende dalle accuse di aver trascurato il sistema penitenziario, affermando di aver sempre cercato di trovare risposte anche se, ammette, “non tutto si può risolvere”. Con una frase che risuona come un monito, conclude: «Questo non è solo uno sbaglio. È una vergogna».