ALESSIA PIFFERI, LA VERITÀ VIENE A GALLA: ECCO PERCHÈ L’HA FATTO

Ha destato sconcerto e orrore in tutta Italia la morte di Diana Pifferi, la bimba di soli 18 mesi trovata cadavere in un’abitazione di Ponte Lambro, in via Parea, a Milano.

Per Diana la vita è stata spietata sin da quando è venuta al mondo, nel bagno della casa che madre, presunta assassina, condivideva col compagno .E’ nata prematura, ha trascorso 30 giorni in ospedale per problemi ai reni.

Poi, sua madre, la 37enne Alessia Pifferi, che così tanto continua ad essere difesa da molte donne che, ritenendola fragile e bisognosa d’aiuto, riempendola di regali in carcere, ha posto fine alla sua esistenza.

La donna l’ha abbandonata per 6 giorni in un lettino da campeggio per poter trascorrere dei giorni spensierati col compagno, un elettricista 58enne di Leffe, in provincia di Bergamo. Così Diana, lasciata da sola, senza cibo, acqua, aria, si è spenta per sempre, 2 giorni prima il ritrovamento del suo piccolo cadavere.

E Alessia a Milano ci era tornata sia per accompagnare a lavoro il compagno, che per prendere parte alla sagra estiva, tra bancarelle, bar, sorrisi spensierati. Ora Diana giace in una bara bianca, coi suoi vestiti ancora appesi nel retro dell’abitazione dove ha trovato la morte, ingialliti dagli agenti atmosferici.

Per la Pifferi si sono aperte le porte del carcere di San Vittore e su di lei pende l’accusa di omicidio volontario, in attesa degli esami effettuati sul contenuto del biberon che potrebbero vedere aggravarsi la sua posizione. La donna, infatti, se nei residui di latte dovessero essere rinvenute tracce di benzodiazepine, rischierebbe l’ergastolo.

Intanto gli inquirenti proseguono il loro lavoro e dall’analisi delle chat del telefonino di Alessia, sono emersi dettagli davvero agghiaccianti. In tantissimi si sono chiesti perché la donna sia arrivata ad uccidere la figlia. Bene, in quelle chat sarebbe racchiusa la motivazione del suo atroce gesto. Perché la Pifferi immaginava una “bella vita senza figli”, in quanto questi ultimi venivano considerati come un “intralcio alle speranze”. E’ Il Giorno che ci fornisce il contenuto delle chat passate in rassegna da chi si sta occupando del caso.

Il quotidiano parla di una donna sollevata dalla fine del matrimonio con l’ex marito Francesco perché finalmente aveva conosciuto “l’uomo giusto”, riferendosi all’elettricista 58enne di Leffe da cui si era recata per una settimana, lasciando Diana incontro alla morte. Cosa desiderava la 37enne? Una vita  “bella come quelle che si vedono in televisione”, con un autista personale che la conducesse nella Bergamasca e vestiti che catturassero l’attenzione di chi, per strada, la vedeva passare. Insomma, da quelle chat, dicono i pm, emerge una “chiara e lucida strategia complessiva di vita che ha guidato tante sue ultime scelte”.

I pm scrivono di lei: “appare lucidissima nei suoi comportamenti, anche in quelli precedenti alla morte della piccola Diana. Alessia sceglie cosa fare, sceglie le persone da frequentare, sceglie di rischiare lasciando sola Diana per costruirsi un futuro, suo personale prima di tutto e sopra tutto”. Quelle chat dicono molto “della personalità della donna e del mondo in cui lei pensava, immaginava, di poter vivere. Anche a scapito della bambina”.

Sono chat dell’orrore, che parlano dei sogni da star di Alessia, in cui sceglieva che cosa fare, chi frequentare; sceglieva di rischiare pur di anteporre sempre e solo la sua velocità a tutto il resto, ma soprattutto a Diana. Ovviamente queste chat hanno un ruolo importantissimo nell’inchiesta in corso, poiché potrebbero fungere da aggravanti all’accusa che pende sulla 37enne: quella di omicidio volontario. E il quadro potrebbe appesantirsi ulteriormente quando si conoscerà l’esito delle analisi sul biberon , poiché se per davvero Alessia Pifferi ha sedato con le benzodiazepine la figlioletta, le verrebbe riconosciuta la premeditazione.