Chiara Cappa a verbale: “Chiara colpita probabilmente con un alare da camino”

Ci sono storie che sembrano destinate a restare chiuse per sempre, protette da sentenze irrevocabili, archivi polverosi e memorie che il tempo lentamente trasforma in un’eco sempre più distante e sbiadita. Sono quelle vicende che la società sembra voler relegare in un passato che non deve più tornare a galla, convinta di aver trovato una conclusione definitiva e irreversibile.

Eppure, la realtà spesso si dimostra molto più sfaccettata e complessa di quanto appaia in superficie. Accade talvolta, infatti, che frammenti dimenticati o trascurati, dettagli apparentemente insignificanti, o semplicemente voci rimaste inascoltate tornino a emergere con una forza inaspettata, scalfendo la patina di certezze costruite negli anni.

A volte è un oggetto ritrovato in un luogo impensabile, altre volte una testimonianza che, con il tempo, assume un peso diverso e un significato più profondo, insinuando dubbi e aprendo scenari che sembravano definitivamente chiusi. In questi momenti, ciò che sembrava immutabile inizia a vacillare, facendo riaffiorare interrogativi mai del tutto sopiti e costringendo a rivedere letture e giudizi che si credevano inoppugnabili.

È come se il passato, invece di restare sepolto, bussasse nuovamente alla porta del presente, impellente e deciso a farsi ascoltare, a raccontare una storia che forse è sempre stata lì, ma che per troppo tempo è stata ignorata o sottovalutata. In queste pieghe del non detto, tra i margini di un racconto apparentemente già scritto, si nasconde spesso una verità più complessa, più sfumata, forse persino più scomoda, ma che merita di essere esplorata con attenzione e rigore.

Ed è proprio in uno di questi casi, tra il ritorno di nuovi reperti e vecchi verbali rimasti nell’ombra, che si intravede una possibilità di riscrivere una pagina apparentemente conclusa della cronaca. Per scoprire cosa davvero si cela dietro questa vicenda, e quali nuovi elementi possono cambiare la prospettiva di un’intera storia, occorre addentrarsi con pazienza e attenzione in un racconto che si arricchisce di dettagli inquietanti e inaspettati, riportando alla luce nomi, circostanze e oggetti che fino a ieri sembravano ormai dimenticati. Solo così sarà possibile avvicinarsi a una verità che, dopo quasi vent’anni, chiede ancora di essere ascoltata.

Sono passati diciott’anni dalla soppressione di Chiara Poggi, ma la vicenda di Garlasco continua a riservare colpi di scena che rimettono in discussione quanto finora creduto. In questi giorni, al centro delle attenzioni investigative ci sono le dichiarazioni messe a verbale il 15 agosto 2007 da Paola Cappacugina della ragazza scomparsa, che indicava come possibile  strumento del delitto un alare da camino. Parole che allora sembravano ipotesi come tante, ma che oggi, alla luce della riapertura delle indagini, assumono contorni ben più significativi.

A due giorni dalla scomparsa della Poggi, Cappa segnalava la possibilità che Chiara fosse stata colpita alla testa con oggetti trovati in casa, suggerendo in particolare l’alare, e ipotizzava anche un movente legato a presunte avances respinte da parte di un uomo dell’ambiente lavorativo della giovane, tra Pavia e Milano.

Queste affermazioni tornano d’attualità grazie alla scoperta recente, nella roggia di Tromello, di una serie di oggetti metallici tra cui proprio un attizzatoio, un martello da muratore e persino una parte d’ascia.  Tutti elementi ora al vaglio degli inquirenti per verificare eventuali compatibilità con le contusioni rinvenute sul corpo della malcapitata.

I reperti, recuperati in un punto d’acqua nei pressi dell’abitazione della nonna delle gemelle Cappa, sono stati segnalati da un super testimone che, secondo quanto riportato dalla trasmissione Le Iene, avrebbe visto Stefania Cappa, sorella gemella di Paola, entrare nella casa con un borsone poco prima che si udisse un tonfo nell’acqua. L’attuale inchiesta, condotta nel massimo riserbo dal procuratore Fabio Napoleone, sembra voler colmare le lacune lasciate da un’indagine che, per anni, si è concentrata esclusivamente su Alberto Stasicondannato in via definitiva. Ora però si torna a parlare di altri possibili scenari, come quello che coinvolge Andrea Sempio, amico dell’allora fidanzato di Chiara, che in più occasioni, tra il 4 e l’8 agosto, avrebbe chiamato la casa Poggi pur sapendo che Marco era in vacanza, apprendendo quindi che Chiara era da sola. Un dettaglio che oggi fa riflettere in relazione alla premeditazione e alla conoscenza delle abitudini della giovane.

Le indagini odierne, supportate da nuove analisi genetiche sui reperti mai esaminati, prevedono anche la raccolta del Dna delle gemelle Cappa, che frequentavano spesso la casa della cugina. Il loro coinvolgimento, come sottolineato, è solo finalizzato all’esclusione in caso di riscontro femminile sui reperti. Tuttavia, il solo fatto che si torni a scavare attorno a loro suggerisce una nuova direzione investigativa, fino a pochi anni fa ritenuta remota. Se le analisi confermassero che l’attizzatoio o il martello ritrovati sono compatibili con le ferite di Chiara, si aprirebbe un nuovo capitolo giudiziario e mediatico, destinato a riaprire vecchie ferite e a riscrivere una verità che, per lungo tempo, si è ritenuta definitiva. Un fatto che, al di là dell’aspetto giudiziario, impone una riflessione sull’importanza di non trascurare alcuna ipotesi in fase investigativa, specialmente in casi così gravi e complessi.

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