Bologna, il Pd chiude 25 circoli: tra questi anche quelli di Prodi e Schlein
Bologna, cuore pulsante della sinistra italiana, è scossa da una profonda crisi simbolica. Il Partito Democratico, baluardo storico della tradizione politica emiliana, ha annunciato la chiusura di 25 circoli su 100, una decisione che ha scatenato un’ondata di polemiche e malcontento tra la base. Un “riordino”, lo definiscono i vertici, che però rischia di acuire le divisioni interne e mettere a dura prova l’identità del partito.
Il “riordino” e la reazione della base: Tra le sedi destinate alla chiusura, anche circoli storicamente importanti, frequentati in passato da figure di spicco come l’ex premier Romano Prodi e l’attuale segretaria Elly Schlein. La notizia ha colto di sorpresa molti militanti, soprattutto in una regione come l’Emilia Romagna, culla del Partito Comunista Italiano, dove i circoli rappresentavano il fulcro della vita politica e sociale. La rabbia e la delusione serpeggiano tra gli iscritti, che vedono in questa decisione un tradimento della memoria e dei valori fondativi del partito. “Li hanno costruiti i compagni”, tuonano i militanti, sottolineando il valore identitario di questi luoghi.
I numeri raccontano altro: Il tesoriere nazionale Michele Fina giustifica la scelta parlando di un partito in salute, con un numero di iscritti in crescita (+15% in due anni, superando i 200.000) e un aumento del 30% nelle Feste dell’Unità. Anche i dati economici sembrano positivi, con 10,3 milioni di euro raccolti con il 2×1000 e un incremento di 3 milioni dalle sottoscrizioni. Fina spiega che la chiusura dei circoli è dovuta a problematiche strutturali, con sedi sovradimensionate e debiti accumulati nel tempo, frutto della mancata fusione dei patrimoni di Ds e Margherita.
La “cura dimagrante” e le nuove aperture: Il partito, pur ammettendo l’inevitabilità dei tagli, cerca di guardare al futuro. Vengono citate nuove aperture, come a Castel del Rio e Vergato, e investimenti nei territori. “Sono soldi che prima andavano a sondaggi e comunicazione, ora li investiamo nei territori”, afferma Fina, sottolineando la volontà di razionalizzare le risorse e di evitare tagli più drastici in futuro.
Un partito in bilico tra passato e futuro: Il caso di Bologna è emblematico di una sfida più ampia che il PD è chiamato ad affrontare. Da un lato c’è la nostalgia per un passato in cui i circoli erano il motore della partecipazione politica, dall’altro la necessità di adeguarsi ai tempi, di tagliare i rami secchi e di trovare nuove forme di coinvolgimento. Il rischio, però, è quello di perdere il contatto con la base, proprio mentre si cerca di rafforzare la struttura e di attrarre nuovi elettori.
Il futuro del PD bolognese è ora in bilico. La “cura dimagrante” porterà davvero a un partito più forte e coeso, capace di affrontare le sfide del futuro? Oppure, come temono molti, finirà per svuotarne l’anima, alimentando la disaffezione e l’allontanamento dei militanti? La risposta, probabilmente, si troverà nei prossimi mesi, con le reazioni della base e le strategie che il partito metterà in campo per reagire a questa crisi.