Acerra, cosa succede ora al cane e al suo padrone

La storia della bimba di nove mesi sbranata ad Acerra, in provincia di Napoli, sta continuando a tenere banco sul fronte della cronaca nera nazionale e, di ora in ora, spuntano nuovi agghiaccianti particolari, oltre a legittimi interrogativi di natura meramente legale. Come noto, la piccola, stando al racconto dell’uomo, sarebbe stata raggiunta dal cane di famiglia, un pitbull di nome Tyson, mentre lui dormiva.

Non riesce a darsi pace, continuando a dire di non aver sentito niente. Di certo è che è risultato positivo all’hashish mentre gli inquirenti continuano a indagare, su più fronti, per ricostruire le responsabilità del 24enne Vincenzo. Mentre la polizia di Acerra, coordinata dalla Procura di Nola, sta esaminando i video dei sistemi di videosorveglianza presenti nei pressi dell’appartamento in cui l’uomo viveva con la figlioletta e la moglie, queste sono ore concitate .

Sono quelle dell’autopsia, dato che il corpicino di Giulia potrebbe parlare, e quelle dell’indignazione, nutrita da parecchi italiani. Sono ore anche di riflessione attorno a ciò che, forse, si sarebbe potuto evitare ma anche quelle in cui ci si chiede quali provvedimenti verranno adottati nei confronti di Vincenzo e di Tyson.

Uomo, cane, dunque, verranno sottoposti, secondo la legge, a una misura, in particolare, dopo il decesso della bimba? Domande tutte perfettamente comprensibili, data la gravità dell’accaduto , ovviamente.

Cosa succede, ora, al cane e al padrone, dopo la scomparsa della bimba di nove mesi, sbranata ad Acerra? E’ la legge a dircelo.

Una sentenza della Cassazione dice che se il cane toglie la vita a qualcuno il padrone è responsabile, facendo ricadere le responsabilità degli atti di un animale direttamente sul padrone.

La Quarta sezione penale con la sentenza 48429 ha dichiarato inammissibile il ricorso di un 40enne pugliese, un certo  G. M., convalidando la condanna del padrone per duplice delitto colposo, stabilita per due casi di decesso causati dai suoi cani, facendo notare che non può essere messo in discussione che il decesso dei due uomini è riconducibile ai due cani di proprietà del ricorrente.

Questo è dimostrato dalla presenza, di più lesioni sul corpo dei due uomini deceduti, dovute a morsi in punti vitali, sotto gli occhi dei testimoni che hanno assistito alla straziante scena.

La Suprema Corte ha ritenuto che l’ atteggiamento palesemente aggressivo, tenuto dai cani rifugiatisi nell’abitazione dell’imputato, sono gli stessi che hanno avuto nei confronti di chiunque tentasse di avvicinarsi a loro, padrone, attribuendo un peso a tutto questo.  L’imputato ha provato a discolparsi, invano, ma la colpa gli è stata attribuita.

Al contrario suo, il cane che morde una persona o un altro animale non può comprendere né prevedere le conseguenze della sua azione, cosa che potrebbe, al contrario,  fare un essere umano capace di intendere e di volere. Per questo motivo, sul piano giuridico, non ci sono rischi o conseguenze per l’animale, indipendentemente dalla gravità degli esiti del suo attacco.

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